domenica 20 febbraio 2011

Centrale del Garigliano, che incubo

da www.terranews.it


NUCLEARE. Nell’impianto è in costruzione un mega deposito di scorie radioattive. In un territorio già estremamente contaminato.


Nella centrale del Garigliano - in provincia di Caserta - sono stoccati, attualmente, circa 3.000 metri cubi di rifiuti a media attività (la cui radioattività dura alcuni secoli), già messi in sicurezza: mille e cento mc di rifiuti a bassa attività, sepolti nelle trincee e 80 tonnellate di amianto radioattivo derivato dalla bonifica dell’edificio turbina. Per bonificare le trincee si sta procedendo a costruire un edificio di contenimento per estrarre i rifiuti in sicurezza. Nel frattempo è in stato di avanzamento la costruzione del D1 (autorizzato da Carlo Jean nel dicembre 2006), ossia del deposito di 11.000 mc di volume che servirà a stoccare 1.100 mc di rifiuti, ed è stato recuperato l’edificio ex diesel - di 6.000 mc - nel quale saranno stoccati 600 mc di rifiuti.


Il deposito è stato definito «provvisorio», in attesa della costruzione del deposito nazionale, in un sito ancora da rivelare. Il nostro timore è che il deposito sarà definitivo, ma che non basterà a stoccare tutti i rifiuti già presenti in centrale a cui bisognerà aggiungere quelli derivanti dallo smantellamento con un aggravio di ulteriori 2-3.000 mc e, panorama molto più allarmante, quelli di ritorno, entro il 2025, da Sellafield a La Hague dove sono state, e in parte ancora saranno riprocessate, le barre di uranio e plutonio. Si tratta di rifiuti vetrificati ad alta attività: il timore è che senza deposito nazionale si costruiranno altri depositi in sito. Ecco dunque i problemi con cui dovremo confrontarci in futuro. Insomma: si sponsorizza l’energia nucleare senza che siano ancora stati risolti i problemi dei vecchi impianti, soprattutto per lo smaltimento delle scorie.

Circa la tanto propagandata sicurezza, le parole di oggi sono le stesse degli anni ’60-’70. Ma nella centrale del Garigliano si sono verificati incidenti e guasti che ne determinarono l’interruzione per lunghi periodi, per non parlare della sfiorata fusione del nocciolo, dell’esplosione dei filtri nel 1972 e nel 1976, di ripetute esondazioni del fiume che provocarono l’innalzamento della falda acquifera, invadendo i contenitori sotterranei, e uscendone «arricchita» di radioattività. Tra il 1980 e il 1982, l’Enea condusse quattro campagne radioecologiche nel golfo di Gaeta, precisamente tra Ischia e il Circeo, e rilevò la contaminazione di oltre 1.700 kmq di mare da cobalto 60, di esclusiva produzione della centrale, da cesio 137, i cui valori, rispetto agli anni ‘70, erano raddoppiati.

E' impressionante leggere il rapporto dell’unica indagine epidemiologica condotta tra il 1979 e il 1981 dal prof. Alfredo Petteruti, laureato in chimica industriale, in collaborazione con l’Istituto di Anatomia Normale e Teratologia, Facoltà di Veterinaria dell’Università di Napoli; con la Facoltà di Agraria dell’Università di Portici-Napoli; con l’Istituto di Fisica Teorica dell’Università di Napoli; con l’Istituto di Anatomia Comparata “B. Grassi” dell’Università di Roma; e ancora, con i medici veterinari di Sessa Aurunca. L’indagine, pubblicata nel libro La mostruosità nucleare, è un’indicazione di campionatura statistica, in aziende similari, tra vacche “Frisone italiane” dette localmente “Olandesi”. Le aziende esaminate in due zone prossime alla centrale sono 32. Il numero delle nascite con mostruosità è, rispettivamente, 33 e 9 volte maggiore rispetto alla zona “C”.

E' opportuno chiarire che il rapporto “9” non significa 9%, ma 800% in più e il rapporto “33” significa il 3.200% in più di nascite mostruose. Nel libro di Marcantonio Tibaldi, Inquinamento da radionuclidi nelle acque del Lazio meridionali c’è un ulteriore particolare agghiacciante: i parti degli anni 1971/80 sono stati 15.771. Su un totale di 90 casi di malformazioni, 60 si sono registrati nelle zone di mare (Formia, Gaeta, Minturno, Mondragone) dove nascevano quasi tutti i bimbi di Sessa Aurunca. Altri 4 casi di anencefalia sono avvenuti presso l’ospedale di Minturno, in provincia di Latina (Dichiarazione del dott. Eugenio Fusco, ginecologo presso il predetto ospedale, pubblicata da Panorama n. 777, del 9 marzo 1981, pagg. 11/12).

C’è poi da considerare l’aumento esponenziale di cancri e leucemie che, secondo i dati ISTA raccolti nel periodo 1972-78, sono attestati al 44,48%. Quanto alla sicurezza degli Epr basti ricordare che le Agenzie per la sicurezza finlandese, francese e britannica hanno dichiarato, in un comunicato congiunto, che il sistema di emergenza non è a norma perché è collocato accanto al sistema di normale funzionamento e, in caso di incidente di quest’ultimo, può andare in tilt anche l’altro. Inoltre, nel costruendo impianto Epr di Flamanville, in Francia, nel dicembre dell’anno scorso, sotto il peso della neve, è crollato il tetto di un edificio.

Giulia Casella (Terra Napoli - responsabile circolo Legambiente “Alfredo Petteruti”)

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