domenica 26 luglio 2009

Uroda Piero: farmacista cattolico...

da www.politbjuro.com


Il farmacista Uroda Piero è il presidente dell’Unione farmacisti Cattolici, un’associazione di farmacisti che crede ad una superstizione molto diffusa tra i cattolici e sostenuta dallo stesso capo della loro Chiesa, secondo la quale, al momento del concepimento, nell’ovulo fecondato si installerebbe un’entità che gli adepti del cattolicesimo definiscono anima.
Uroda Piero, pur gestendo non una rivendita di caramelle, ma una farmacia, un esercizio cioè che pur essendo privato è di fatto legato ad un servizio essenziale e di pubblica utilità, intende arrogarsi il diritto di decidere cosa vendere e cosa non vendere in base alle proprie sciocche superstizioni.
Per questo, ha rifiutato la vendita di una confezione di “Norlevo”, la cosidetta “pillola del giorno dopo” ad una donna che, in possesso di regolare prescrizione del medico, si era presentata presso la sua farmacia.
Uroda Piero è stato per questo denunciato.
Ma è probabile che se la caverà senza problemi, visto che esercita in Italia, provincia del Vaticano.
Se comunque siete curiosi di vedere che faccia ha uno che è vittima delle superstizioni, il farmacista Uroda Piero lo potete trovare presso il suo esercizio commerciale: farmacia “Santa Maria Della Salute” di V. Torre Clementina 76/78, Fiumicino “Roma” (nella foto).
Ma non chiedetegli niente che sia legato al sesso, la sua coscienza gli vieterebbe di vendervelo.
Potete provare invece con un qualche preparato galenico a base di “Acqua Santa”, avrete più successo.

sabato 18 luglio 2009

I processi di cui non si deve parlare

da http://paolofranceschetti.blogspot.com
di Solange Manfredi




Ci sono alcuni processi, che da tempo si stano celebrando in Italia e che vedono coinvolti in reati gravissimi soggetti di primissimo piano delle nostre istituzioni, di cui i media non parlano, come se non esistessero.
Primo fra tutti, il più nascosto, è il processo che si sta celebrando a Brescia a carico del Generale Francesco Delfino accusato di concorso nella strage di Piazza della Loggia. Imputati nello stesso processo troviamo Pino Rauti (suocero del sindaco di Roma Alemanno), Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi, Maurizio Tramonte e Giovanni Maifredi.
Ma da lungo tempo si sta celebrando anche il processo a Milano a carico del Generale dei Ros Gianpaolo Ganzer, del magistrato Mario Conte e di altri 23, tra ufficiali e sottufficiali dei Ros. L'accusa è di associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga, peculato e falso.
Altro Generale dei Carabinieri sotto processo, questa volta a Palermo, è il Generale Mario Mori accusato, insieme al colonnello Mauro Obinu, di favoreggiamento aggravato per aver agevolato Cosa Nostra, nello specifico di aver favorito la latitanza del boss Bernardo Provenzano.

Tre Generali dei Carabinieri sotto processo per reati gravissimi e i media praticamente non ne parlano.

Ma la cosa non è diversa per i processi a carico di politici, basti pensare al processo d'appello al senatore Marcello Dell'Utri, condannato in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa a nove anni di reclusione e a due anni di libertà vigilata, oltre all'interdizione perpetua dai pubblici uffici.
Identica cosa per il processo ad Antonio Bassolino accusato, insieme ad altre 28 persone tra cui alti dirigenti di Impregilo, di frode in pubbliche forniture, alla truffa aggravata e continuata ai danni dello Stato, abuso di ufficio, falso e reati ambientali commessi nel periodo in cui era Commissario Straordinario per l'emergenza rifiuti in Campania.
Altro processo di cui non si parla è il processo Hiram, ovvero un processo che vede coinvolti, in un'associazione a delinquere finalizzata ad aggiustare o ritardare (al fine di far prescrivere i reati) i processi in Cassazione, mafiosi, massoni, avvocati, poliziotti e preti. Eppure, anche in questo caso nulla.

I media, che ci hanno sommerso di articoli e trasmissioni sui processi a Vanna Marchi, alla Franzoni, a Meredith, ecc... di questi processi non parlano.

mercoledì 15 luglio 2009

La stangata del millennio??

da http://crisis.blogosfere.it
di Pietro Cambi



3 Giugno 2009

Una notizia davvero clamorosa, segnalata peraltro da un lettore del nostro forum, è passata quasi completamente sotto silenzio.
Durante un normale controllo di routine, la Guardia di finanza Italiana e la polizia di frontiera Svizzera hanno fermato un paio di distinti giapponesi con una bella valigia.
Forse li ha insospettiti il vederli tutti impettiti in un treno di pendolari, di quelli che si fermano a tutte, ma proprio tutte le fermate. Forse è stato il sesto senso dei nostri "canarini". Fatto è che, dopo aver dichiarato che non avevano nulla da dichiarare, i due hanno aperto la valigia e, in un doppio fondo, sono stati trovati dei titoli di stato americani. Per 134 miliardi di dollari. Miliardi, si.
Sono, tra l'altro, dei titoli MOLTO particolari, in tagli da 500 milioni e da un miliardo di dollari L'UNO.

Come è evidente sono titoli che NON si usano nelle transazioni tra privati ma solo ed esclusivamente in quelle tra stati.

Ci sono parecchi campanelli che trillano nelle orecchie dei complottisti come me e Debora, in questa vicenda.
Punto 1: Sono falsi? ancora non si sa, stanno cercando di capire.
SE sono falsi sembrano fatti da veri e propri maestri del settore, imitati perfettamente, grana, filigrana e tutto il resto. Il gioco, ovviamente, varrebbe la candela.
Se sono falsi la stangata (la più grande di sempre, immagino) era destinata non certo a un qualche facoltoso tonto ma, probabilmente, a un qualche "potente", desideroso di garantirsi un futuro per qualche secolo in cambio di servigi, con tutta evidenza, cospicui.

Ma se invece fossero veri? Beh, a maggor ragione, la cosa fa rizzare le antenne.
Poniamo che qualcuno dei potenti di cui sopra abbia una qualche ideina su come butta nell'immediato futuro e che questa ideina non sia per niente positiva.
Poniamo che stia disegnando una bella traiettoria di uscita...
Poniamo che ci sia URGENTE bisogno di garantire a qualcuno una ENORME pensione in cambio di ENORMI favori...

Per dare una idea delle dimensioni della vicenda, potete verificare da soli che la cifra in questione, del tutto casualmente, corrisponde quasi esattamente all'importo TOTALE dei bonds che a Marzo 2009 erano nelle mani di investitori russi.
Casualmente? Mbuh...ecco...
L'intrigo è spesso, pazzesco, tutto da scoprire.

Ovviamente, tra i nostri giornali, almeno finora non se ne è accorto quasi nessuno.

Eccerto: cosa volete che sia una cosuccia come questa in confronto della prematura diperatita per altri lidi di KAKA.

O tempora o Mores..

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da http://crisis.blogosfere.it
di Pietro Cambi



17 Giugno 2009

UPDATE: la notizia sta pian piano facendo breccia sui media americani, qui un recentissimo Articolo del Los Angeles Times, che riporta le fonti originarie da cui è partito tutto, ovvero la semisconosciuta agenzia di stampa Asia news, che a sua volta faceva riferimento ad alcuni bloggers e siti vari di informazione libera ed alternativa che facevano riferimento a noi.

Nel frattempo ieri hanno fermato un imprenditore romano con 15 MILIARDI di euro in bonds giapponesi, forse falsi, mentre cercava di passare la frontiera di Brogheda.

Sarebbe stato, appunto,se non l'avessero beccato dieci giorni dopo i due ormai celebri spalloni giapponesi, il maggior sequestro di sempre.
Ovviamente, a questo punto, mi pare opportuno chiedersi cosa sta succedendo.

Falsi o veri che siano questi titoli, qualcuno li sta FRENETICAMENTE accumulando in Svizzera. Non c'e' bisogno che vi spieghi perchè si accumulino enormi valori in Svizzera, piuttosto che nel proprio paese. Non c'è bisongo che vi dica che, per uno che beccano, ce ne sono dieci o magari cento che passanno.
Qualcosa di ENORME sta succedendo, ENORMI quantità di valute e di titoli esigibili si stanno accumulando, freneticamente, in Svizzera e sarebbe bello che qualcuno si chiedesse il perchè e verificasse.
Magari il governo Svizzero, magari il nostro, gli italici media, in ogni caso, per non essere bruciati dalla stampa internazionale, farebbero bene ad interessarsene.
SE i bond giapponesi ed americani fossero falsi, tra l'altro, l'affaire sarebbe ancora più enorme, se possibile, come ho già ampiamente scritto anche in questo post.
Sono ormai passati dieci giorni dal clamoroso sequestro di 134.5 miliardi di dollari in obbligazioni del tesoro americano, ma solo Crisis e pochi altri blog italici hanno cercato di valutare e analizzare l'enormità del fatto, sia che si tratti di titoli autentici sia che si tratti di titoli falsi.

E' incredibile ma, mentre in tutto il mondo fioccano le ipotesi, i commenti e gli scenari, in Italia la stampa nazionale continua il suo distratto ed a questo punto alquanto sospetto silenzio.

In questo vuoto di notizie istituzionali fioccano le tesi complottarde più grosse e c'è anche chi ricorda come quella di contraffare titoli di stato è una usanza che è storicamente stata rispettata dalle banche CENTRALI di molti paesi, durante la seconda guerra mondiale.
In pratica le banche centrali emettevano titoli DUE VOLTE con le stesse serie, appioppandoli ad ignari investitori, senza alcuna copertura finanziaria.
Tutto andava bene, ovviamente, finchè ambedue gli investitori si fossero presentati all'incasso. D'altronde con il paese in guerra e le finanze in una situazione drammatica non si poteva certo andare troppo per il sottile, giusto?

Del tutto casualmente i fondi ancora non impegnati del famoso progetto di salvataggio delle banche USa sono proprio 134.5 miliardi.

Sempre del tutto casualmente il totale dei fondi in bond americani detenuti da cittadini o enti russi è sempre intorno a questa cifra.

A qesto punto, torno a ripetere, i casi sono 2:

1) I titoli sono originali (qualche dubbio c'e' per i dieci cosidetti bonds Kennedy, che, con la data del 1934, sono alquanto sospetti). In questo caso uno stato o una istituzione di queste dimensioni stava cercando di portare in Svizzera una cifra enorme in bonds american, cifra che poteva solo servire o come superscialuppa di salvataggio ( improbabile ed inutile, carta straccia nel caso di un armageddon di dimensioni mondiali) o come garanzia per qualche transazione ancora più ENORME, talmente enorme dall'essere addirittura vitale per la sopravvivenza di uno o ambedue gli stati/enti coinvolti.

2) I titoli sono falsi. Data la taglia, però, in questo caso si tratta di una stangata o tentata tale da parte di uno Stato o di un ente di tali dimensioni nei confronti di un altro Stato o ente di analoghe dimensioni.

La più ricca delle mafie, il più ricco degli imprenditori, il più spregiudicato degli squali della finanza non possono ne potevano controllare direttamente che una frazione di questa cifra.
E' in ogni caso un affare enorme. Un caso internazionale in grado di sovvertire l'ordine mondiale sia sotto il profilo finanziario che sotto quello politico. La mamma di tutte le patate bollenti. Senza precedenti. Appassionante.
Una perfetta storia balneare, (qualcuno ha detto che Le carre' si starà mordendo le mani) oltretutto in grado di distrarre gli italici cittadini da manovrine e intrallazzucci molto più vicini, terra terra e nostrani.

Ma allora perchè non ne parla nessuno, in Italia, o quasi?

Comunque la vogliate vedere è la prova di almeno una delle due seguenti cose:

1) Le redazioni dei principali organi di informazione sono strapiene di incompetenti che non sanno riconoscere la notizia del secolo nemmeno se gliela sbattono sul muso.

2) Le redazioni dei principali organi di informazione, almeno ai livelli "alti", dove si decide il taglio redazionale, sono piene di "velinari" che non fanno un passo senza prima consultare l'editore, l'azionista, i principali "pubblicitari" e i propri referenti politici.

La cosa più probabile è che siano, in buona parte, vere entrambe le cose. Per ora, finchè dura, finchè duriamo, ci e Vi resta la rete, per informarsi. Godiamocela finchè dura...

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da http://crisis.blogosfere.it
di Pietro Cambi



26 Giugno 2009

Un fantasma si aggira per i felpatissimi corridoi dei palazzi della finanza mondiale. Si tratta, l'avrete capito dal titolo, di quella che ho chiamato la "stangata del millennio".
Fin dall'inizio della storia, infatti, era evidente che, veri o falsi che fossero, i 249 bonds erano parte di un gioco enorme dove qualcuno avrebbe fatto, in un modo o nell'altro, la figura del frolloccone. Intanto stiamo ai fatti. L'istinto ed il buon senso avrebbero preteso che i titoli fossero falsi. Tuttavia detenere titoli falsi, nel nostro paese, è un reato punibile con l'arresto, a maggior ragione se c'era, come in questo caso, la seria possibilità di fuga dei due misteriosi "spalloni", sedicenti giapponesi.
Invece, come espressamente dichiarato dal Colonnello della Guardia di Finanza che aveva effettuato l'arresto, i due "uomini d'affari giapponesi" sono stati immediatamente rilasciati, dopo aver trattenuto, ovviamente, i titoli.

Quindi, tanto per cominciare vi sono due possibilità:

1) I titoli sono stati ritenuti, almeno in prima istanza, veri e i due "giapponesi" non potevano quindi essere trattenuti.

2) I titoli sono stati ritenuti probabilmente falsi, almeno in parte MA sono arrivati ordini ben precisi DALL'ALTO, che hanno imposto al povero colonnello, obtorto collo e forse anche extra-Legem (o almeno super-legem, per gli amanti del legulese) di lasciare andare i due figuri, per superiori motivi di stato.

Cosa ne sappiamo PER CERTO, sull'originalità dei titoli, a distanza di due settimane? Sinceramente, niente di sicuro. In effetti numerosi quotidiani hanno riportato la dichiarazione di un funzionario della Federal Reserve, che affermava che i bonds in questione, da lui visti solo a partire da una immagine inviatagli, non solo erano falsi ma che non poteva essere altrimenti, visto che il residuo circolante cartaceo ( i bonds sono emessi solo in forma digitale da decenni) è largamente inferiore alla cifra sequestrata. Questa dichiarazione, come credo risulti evidente, invece non prova nulla. Intanto perchè, per quel che posso capire, potrebbero esservi bond che, pur emessi non risultano tra il "circolante" in quanto, ad esempio emessi a garanzia di un prestito tra banche centrali.
Inoltre, anche se qui scendiamo sul complottismo, non sarebbe la prima volta che banche centrali, messe alle strette, emettono bond in duplice copia, gli uni ufficiali e con una debita copertura finanziaria, essendo stati messi "a bilancio" gli altri non "coperti", ceduti in forma riservata all'interno di rapporti tra banche centrali, contando sul fatto che, per la loro taglia e/o caratteristiche e/o rendimento tali bonds siano tenuti come investimento dallo sfortunato sottoscrittore, che così non si renderà conto di avere tra le mani solo "carta straccia", difficilmente onorabile in caso di richiesta di liquidazione, in tempi di crisi.

Insomma: un funzionario della Federal Reserve, tale Stephen Meyerhard vede una FOTO dei bonds e dice che sono falsi, mentre un funzionario della Guardia di Finanza che ha già avuto a che fare con casi simili ed in ogni caso è sicuramente più che competente, vede questi titoli in "carne ed ossa" ed è così poco convinto che si tratti di falsi da rilasciare i due presunti giapponesi?
Vedete bene che la cosa non torna.
Infatti il caso NON è affatto ufficialmente chiuso, qui in Italia, nonostante i sospironi di sollievo di molta stampa americana, terrorizzata per i contraccolpi sul dollaro di questa vicenda di cui si è parlato, parrebbe anche al G8 finanziario tenutosi alcuni giorni fa. Oviamente si rincorrono le notizie, con tanto di dichiarazioni di Pm, etc etc.
Resta il fatto che una nota UFFICIALE che attesti, nero su bianco, che i documenti sono falsi, ancora non c'è. Ma c'e' di piu'.

Asia News, un sito italo-asiatico di informazione collegato al PIME, Pontificio Isituto per le Missioni Estere, è stato il principale altro sito di informazione italico oltre a questo blog ad aver riportato per tempo la notizia ed a cercare ulteriori notizie e spunti di "indagine giornalistica".
Essendo un sito multilingue è ai suoi articoli che hanno fatto riferimento la maggior parte dei media internazionali e, di riflesso, anche nostrani.
Il sito è gestito da Padre Bernardo Cervellera che non è un oscuro missionario, ma l'ex Direttore di Agenzia Fides, la prestigiosissima agenzia di stampa del vaticano.
Una persona, quindi estremamente competente, sicuramente non avventata nei suoi articoli. Bene. In un recentissimo articolo, Padre Cervellera ricostruisce, in stretta analogia con quanto più volte scritto qui, i motivi per i quali i famosi bonds potrebbero essere autentici, ribadendo che, anche in caso siano falsi, deve necessariamente esservi un intrigo internazionale di grande dimensioni alla base della storia, come dimostrerebbe il mancato arresto degli spalloni.
Ma c'è di più. Padre Cervellera dichiara che "Da fonti riservate, la cui attendibilità AsiaNews non può verificare, si afferma che uno dei due giapponesi fermati a Chiasso e poi rilasciati sarebbe Tuneo Yamauchi, cognato di Toshiro Muto, fino a poco fa vice-governatore della Banca del Giappone".
Non credo che debba dirvi come le fonti di cui può disporre l'agenzia di notizie del vaticano non debbano che essere buone.
Quindi, ricapitolo PARREBBE che il cognato del vicegovernatore della banca del Giappone, insieme ad un compare, stesse cercando di contrabbandare titoli, autentici o falsi che fossero, in Svizzera, con l'evidente scopo di usarli per accedere a qualcosa ad essi preferibile.

Capite bene che liberarsi di centinaia di miliardi di dollari di bonds americani di nascosto può avere, nel caso di persone evidentemente ben informate, una SOLA spiegazione.
Una necessità assoluta di recuperare almeno una parte del valore "di facciata" prima che sia troppo tardi.

Anche se fosse una "stangata" è evidente che può essere stata messa in atto solo da qualcuno con NOTEVOLE credibilità, vista le cifre in gioco e solo in un contesto in cui operazioni di questo genere stanno avvenendo in misura almeno comparabile.
Vediamo se sono più chiaro: quel che ci dice questa storia, al minimo, è che c'è una sotterranea quanto imponente fuga dal dollaro. Questo a sua volta può implicare una sola cosa.
Che, non ai livelli di noialtri poveri miseri bloggers ma a quello degli istituti centrali si sta scappando, il più velocemente e silenziosamente possibile da un chiaro rischio valutario legato al dollaro.
Questo significa, sostanzialmente che il meltdown, il default, l'iperinflazione, quel che volete, non è più una teoria ma una fatto previsto e ritenuto altamente probabile.
A questo punto, da complottardi, sarebbe da chiedersi perchè un giornalista stimato, una persona con una certa posizione e una importante carriera, possa mettere tutto a repentaglio diramando notizie così esplosive. Credo che non dipenda dal caso, credo che, in qualche modo, il Vaticano o magari alcuni suoi autorevoli esponenti, come Padre Cervellara, abbiano deciso che la misura è colma e che non hanno voglia di coprire ulteriormente i torbidi giochi della finanza.

Forse si tratta di cercare di dividere, in tempo utile, i propri destini da quelli del grande capitalismo, storicamente non esattamente un nemico, basterà ricordare il caso del Banco Ambrosiano, millenni fa.
Forse la Chiesa comincia a ricordarsi, dopo tutto, quali sono gli interessi che dovrebbe cercare di difendere.
Forse, semplicemente, abbiamo a che fare con un giornalista che fa il suo mestiere ed il suo dovere e cerca di informare.
In ogni caso, manco a dirlo, in Italia, a distanza di 24 ore dallo scoop di Padre Cervellara, non se ne è ancora accorto nessuno, mentre, a livello mondiale, la faccenda sta esplodendo.

giovedì 9 luglio 2009

Silvio e la mafia: la lettera

da http://espresso.repubblica.it
7 luglio 2009
di Peter Gomez



Una missiva che documenta i rapporti tra Berlusconi e Cosa Nostra. Anche dopo la "discesa in campo". E' stata trovata tra le carte di Vito Ciancimino. E "L'espresso" la pubblica in esclusiva.

Adesso c'è la prova documentale. Davvero, secondo la procura di Palermo, Silvio Berlusconi era in contatto con i vertici di Cosa Nostra anche dopo la sua "discesa in campo", come era stato già stato raccontato da molti collaboratori di giustizia.

I corleonesi di Bernardo Provenzano, infatti, scrivevano al premier per minacciarlo, blandirlo, chiedere il suo appoggio e offrirgli il loro. Lo si può leggere, qui, nero su bianco, in questa lettera da tre giorni depositata a Palermo gli atti del processo d'appello per riciclaggio contro Massimo Ciancimino, uno dei figli di don Vito, l'ex sindaco mafioso di Palermo, morto nel 2002.

Una lettera che "L'Espresso" online pubblica in esclusiva. Si tratta della seconda parte di una missiva (quella iniziale sembra essere stata stracciata e comunque è andata per il momento smarrita) in cui in corsivo sono state scritte le seguenti frasi: "... posizione politica intendo portare il mio contributo (che non sarà di poco) perché questo triste evento non ne abbia a verificarsi.Sono convinto che questo evento onorevole Berlusconi vorrà mettere a disposizione le sue reti televisive".

Chi abbia vergato quelle parole, lo stabilirà una perizia calligrafica. Ai periti verrà infatti dato il compito di confrontare la lettera con altri scritti di uomini legati a Provenzano. I primi esami hanno comunque già permesso di escludere che gli autori siano don Vito, o suo figlio Massimo, che dopo una condanna in primo grado a cinque anni e tre mesi, collabora con la magistratura.

Tanto che finora le sue parole hanno, tra l'altro, portato all'apertura di un'inchiesta per concorso in corruzione aggravata dal favoreggiamento mafioso contro il senatore del Pdl Carlo Vizzini, i senatori dell'Udc Salvatore Cuffaro e Salvatore Cintola, e il deputato dell'Udc e segretario regionale del partito in Sicilia, Saverio Romano. Con i magistrati Massimo Ciancimino ha parlato a lungo della lettera, che lui ricorda di aver visto tra le carte del padre quando era ancora intera.

Ma tutte le sue dichiarazioni sono state secretate. Le poche indiscrezioni che trapelano da questa costola d'indagine, già in fase molto avanzata e nata dagli accertamenti sul patrimonio milionario lasciato da don Vito agli eredi, dicono comunque due cose. La prima: la procura ritiene di aver in mano elementi tali per attribuire il messaggio a dei mafiosi corleonesi vicinissimi a Bernardo Provenzano, il boss che per tutti gli anni Novanta ha continuato ad incontrarsi con Vito Ciancimino.

Anche quando l'ex sindaco, dopo una condanna a 13 anni per mafia, si trovava detenuto ai domiciliari nel suo appartamento nel centro di Roma. La seconda: i magistrati sono convinti che la lettera dei corleonesi sia arrivata a destinazione. Il documento è stato trovato tra le carte personali di don Vito. A sequestrarlo erano stati, già nel 2005, i carabinieri: "Parte di Foglio A4 manoscritto, contenente richieste all'On. Berlusconi per mettere a disposizione una delle sue reti televisive", si legge un verbale a uso tempo redatto da un capitano dell'Arma.

Incredibilmente però la lettera era rimasta per quattro anni nei cassetti della Procura e, all'epoca, non era mai stata contestata a Ciancimino junior nei vari interrogatori. L'unico accenno a Berlusconi che si trova in quei vecchi verbali riguarda infatti una domanda sulla copia di un assegno da 35 milioni di lire forse versato negli anni '70-'80 dall'allora giovane Cavaliere al leader della corrente degli andreottiani siciliani. Dell'assegno si parla a lungo in una telefonata intercettata tra Massimo e sua sorella Luciana il 6 marzo del 2004.

Venti giorni dopo si sarebbe tenuta a Palermo la manifestazione per celebrare i dieci anni di Forza Italia. Luciana dice al fratello di essere stata chiamata da Gianfranco (probabilmente Micciché, in quel periodo assiduo frequentatore dei Ciancimino) che l'aveva invitata alla riunione perché voleva presentarle Berlusconi.

Luciana: "Minchia, mi telefonò Gianfranco.. ah, ti conto questa? all'una meno venti mi arriva un messaggio?"
Massimo: "L'altra volta l'ho incontrato in aereo"
Luciana: "Eh... il 27 marzo, a Palermo... per i dieci anni di vittoria di Forza Italia, viene Silvio Berlusconi. È stata scelta Palermo perché è la sede più sicura... eh... previsione... In previsione saremo 15 mila..."
Massimo: "Ah"
Luciana "...eh allora io dissi minchia sbaglia, e ci scrivo stu messaggio: "rincoglionito, a chi lo dovevi mandare questo messaggio, sucunnu mia sbagliasti" ...in dialetto, eh... eh (ride) e mi risponde: "suca" ...eh (ride) ...mezz'ora fa mi chiama e mi fa: "Minchia ma sei una merda" e allora ci dissi "perché sono una merda".

Dice, hai potuto pensare che io ho sbagliato a mandare? io l'ho mandato a te siccome so che tu lo vuoi conoscere [Berlusconi, nda]? io ti sto dicendo che il 27 marzo "
Massimo: "E digli che c'abbiamo un assegno suo, se lo vuole indietro..."
Luciana "(ride) Chi, il Berlusconi?
Massimo: "Si, ce l'abbiamo ancora nella vecchia carpetta di papà?"
Luciana: " Ma che cazzo dici"
Massimo : "Certo"
Luciana: "Del Berlusca?"
Massimo: "Si, di 35 milioni, se si può glielo diamo..."

Ma nella perquisizione a casa Ciancimino, la polizia giudiziaria l'assegno non lo trova. Interrogato il 3 marzo 2005, Ciancimino jr. conferma solo che gliene parlò suo padre, ma non dice dove sia finito: "Sì, me lo raccontò mio padre? Ma poi era una polemica tra me e mia sorella, perché io l'indomani invece sono andato alla manifestazione di Fassino".

Adesso, invece, dopo la decisione di collaborare con i pm, sarebbe stato più preciso. Ma non basta. Perché Ingroia e Di Matteo, dopo aver scoperto per caso la lettera nell'archivio della procura, hanno anche acquisito agli atti della nuova indagine il cosiddetto rapporto Gran Oriente, redatto sulla base delle confidenze (spesso registrate) del boss mafioso Lugi Ilardo, all'allora colonnello dei carabinieri, Michele Riccio.

Ilardo è stato ucciso in circostanze misteriose alla vigilia dell'inizio della sua collaborazione ufficiale con la giustizia. Ma già nel febbraio del '94 aveveva confidato all'investigatore come Cosa Nostra, per le elezioni di marzo, avesse deciso di appoggiare il neonato movimento di Berlusconi. Un fatto di cui hanno poi parlato dozzine di pentiti e storicamente accertato in varie sentenze. Ilardo il 24 febbraio aveva spiegato a Riccio come qualche settimana prima "i palermitani" avessero indetto una "riunione ristretta" a Caltanissetta con alcuni capofamiglia del nisseno e del catanese.

Nell'incontro "era stato deciso che tutti gli appartenenti alle varie organizzazioni mafiose del territorio nazionale avrebbero dovuto votare 'Forza Italia'. In seguito ogni famiglia avrebbe ricevuto le indicazioni del candidato su cui sarebbero dovuti confluire i voti di preferenza... (inoltre) i vertici 'palermitani' avevano stabilito un contatto con un esponente insospettabile di alto livello appartenente all'entourage di Berlusconi. Questi, in cambio del loro appoggio, aveva garantito normative di legge a favore degli inquisiti appartenenti alle varie "famiglie mafiose" nonché future coperture per lo sviluppo dei loro interessi economici..". Una delle ipotesi, ma non la sola, è che si tratti dell'ideatore di Forza Italia, Marcello Dell'Utri, già condannato in primo grado a 9 anni per concorso esterno in associazione mafiosa.

La procura di Palermo, sospetta dunque, che la lettera ritrovata nell'archivio di Ciancimino si inserisca all'interno di questa presunta trattativa. Nel '94, infatti, Berlusconi governò per soli sette mesi e anche le norme contenute all'interno del cosiddetto decreto salvaladri di luglio, approvato per consentire a molti dei protagonisti di tangentopoli di uscire di galera, che avrebbero in teoria potuto favorire i boss, alla fine non vennero immediatamente ratificate.

Da qui, è la pista seguita dagli investigatori, le apparenti minacce al Cavaliere ("il triste evento"), la richiesta della messa a disposizione di una rete televisiva e i successivi sviluppi politici che portarono all'approvazione di leggi certamente gradite anche alla mafia, ma spesso approvate con il consenso bipartisan del centro-sinistra.

mercoledì 8 luglio 2009

G8 L'Aquila: la caserma appartiene alle banche

da "la Repubblica" di venerdì 3 luglio 2009
http://rassegna.governo.it




Sono le banche i padroni di casa della caserma che ospiterà i leader del G8, il summit nel quale si parlerà della crisi finanziaria internazionale.

La caserma della Guardia di Finanza de L'Aquila, che si trova a Coppito, è di proprietà di Investire Immobiliare Sgr spa (gruppo bancario Finnat), Banca Imi spa, Barclays Capital. Non solo. Tra i proprietari anche Royal Bank of Scotland Plc e LehmanBrothers intemational (Europe), banche travolte dalla clamorosa crisi.

Questi istituti finanziari hanno le chiavi della sede istituzionale del vertice mondiale.

Per questo, da due mesi, partecipano assieme alla protezione civile, alla presidenza del consiglio dei ministri, alla guardia di finanza, all'agenzia del demanio e alla prefettura dell'Aquila, alle riunioni operative per organizzare l'evento con un loro delegato.

Non c'è traccia di loro nei comunicati stampa, ma in realtà i loro rappresentanti sono sempre presenti. Già, perché la scuola sottufficiali "Vincenzo Giudice", in via delle Fiamme Gialle all'Aquila, non è più un bene dello Stato. Non lo è più dal 2004, da quando l'allora ministro delle Finanze, Domenico Siniscalco (governo Berlusconi) decise di vendere 396 beni immobili di proprietà pubblica ad un fondo immobiliare (Fip), appositamente costituito per fare cassa e ottenere 4 miliardi di euro. Fu un pool di banche a pagare e a sostenere l'iniziativa, cartolarízzando i beni che entro i prossimi nove anni saranno venduti a nuovi acquirenti.

La caserma è stata ristrutturata adesso con i lavori di adeguamento "in emergenza" commissionati dalla Protezione Civile per ospitare il vertice.
La cittadella militare, infatti, è al centro di investimenti per diversi milioni di euro. Forse dieci, secondo alcune indiscrezioni.

Non solo: ogni anno lo Stato versa nelle casse del fondo immobiliare bancario oltre 13 milioni di euro, come canone d'affitto per continuare a mantenere aperta la scuola sottufficiali.

Adesso sarà la sede del summit, e per due sere i Grandi della Terra saranno ospiti delle banche anche per la notte, visto che alloggeranno tutti assieme in due palazzine all'intemo della cittadella militare. I lussuosi mobili che arrederanno le stanze dei leader andranno poi all'asta, per aiutare i terremotati.
Terminato il summit, duemila sfollati dell'Aquila saranno ospitati in caserma per alcuni mesi.
La scuola allievi della guardia di finanza è stata solo in parte danneggiata dal sisma ed è stata inaugurata nel dicembre del 1992.

sabato 4 luglio 2009

Banche Armate 2009

da "La Voce delle Voci", n.6 giugno 2009 - www.lavocedellevoci.it
di Luca Kocci




Triplicati per le banche italiane i compensi di intermediazione sulla vendita di armi all’estero. Abbiamo letto in esclusiva la relazione. Ed ecco i dati.

Banca nazionale del Lavoro, Intesa-San Paolo e Unicredit: sono le principali banche italiane coinvolte nel commercio di armi. Nulla di illegale – intervengono in operazioni regolarmente autorizzate – ma si tratta evidentemente di attività da non pubblicizzare troppo, tanto che sono stati gli stessi istituti di credito a chiedere al governo di non rendere pubblica la Relazione del ministero dell’Economia e delle Finanze su esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento, che invece la Voce ha potuto leggere. E le “banche armate”, sulla scia del grande aumento dell’export di armi made in Italy e sfruttando l’onda lunga dell’aumento delle spese militari sostenuto dal governo di centro-sinistra di Prodi (+ 22%, in due anni), hanno fatto grandi affari, triplicando i «compensi di intermediazione» che hanno incassato dai fabbricanti di armi.

Nel corso del 2008, infatti, sono state autorizzate 1.612 «transazioni bancarie» per conto delle aziende armiere, per un valore complessivo di 4.285 milioni di euro (nel 2007 erano state la metà, 882, per 1.329 milioni). A questi vanno poi aggiunti 1.266 milioni per «programmi intergovernativi» di riarmo (cioè i grandi sistemi d’arma costruiti in collaborazione con altri Paesi, come ad esempio il cacciabombardiere Joint Strike Fighter – Jsf – per cui l’Italia spenderà almeno 14 miliardi nei prossimi 15 anni), quasi il doppio del 2007, quando la cifra si era fermata a 738 milioni. Un volume totale di “movimenti” di oltre 5.500 milioni di euro, per i quali le banche hanno ottenuto compensi di intermediazione attorno al 3-5%, in base al valore e al tipo di commessa.

La regina delle “banche armate” è la Banca Nazionale del Lavoro (del gruppo francese Bnp Paribas) con 1.461 milioni di euro. Al secondo posto si piazza Intesa-San Paolo di Corrado Passera, già braccio destro di Carlo De Benedetti ed ex amministratore delegato di Poste Italiane, con 851 milioni (a cui andrebbero aggiunti anche gli 87 milioni della Cassa di Risparmio di La Spezia , parte del gruppo), per lo più relativi a «programmi intergovernativi»: il cacciabombardiere Eurofighter, le navi da guerra Fremm e Orizzonte, gli elicotteri da combattimento Nh90 e diversi sistemi missilistici.
Eppure due anni fa il gruppo aveva dichiarato che, proprio per «dare una risposta significativa a una richiesta espressa da ampi e diversificati settori dell’opinione pubblica che fanno riferimento a istanze etiche», cioè la campagna di pressione alle banche armate, avrebbe sospeso «la partecipazione a operazioni finanziarie che riguardano il commercio e la produzione di armi e di sistemi d’arma pur consentite dalla legge».

«Si tratta di transazioni relative a operazioni sottoscritte e avviate prima dell’entrata in vigore del nostro codice di comportamento e che dureranno ancora a lungo», è la spiegazione che fornisce Valter Serrentino, responsabile dell’Unità Corporate Social Responsibility di Intesa-San Paolo. Anche Unicredit negli anni passati aveva ripetutamente annunciato di voler rinunciare ad appoggiare le industrie armiere, eppure nel 2008 è stata la terza “banca armata” italiana, con 606 milioni di euro. Nessuna dichiarazione di disimpegno invece da parte della Banca Antonveneta, che lo scorso anno ha movimentato 217 milioni. Mentre piuttosto ambigua è la situazione del Banco di Brescia: nel 2008 ha gestito per conto delle industrie armiere 208 milioni di euro benché il gruppo di cui fa parte dal 1 aprile 2007, Ubi (Unione Banche Italiane), nel suo codice di comportamento abbia stabilito che «ogni banca del gruppo dovrà astenersi dall’intrattenere rapporti relativi all’export di armi con soggetti che siano residenti in Paesi non appartenenti all’Unione Europea o alla Nato» e che «siano direttamente o indirettamente coinvolti nella produzione e/o commercializzazione di armi di distruzione di massa e di altri armamenti quali bombe, mine, razzi, missili e siluri».

«La policy del gruppo non vieta le operazioni di commercio internazionale – spiega Damiano Carrara, responsabile Corporate Social Responsibility di Ubi – ma le disciplina prevedendo che il cliente della banca», cioè l’industria armiera, non si trovi «in Paesi che non appartengano alla Ue o alla Nato, e questo divieto è pienamente rispettato».
Ma i dubbi restano. «Da quando, lo scorso anno, è sparito dalla Relazione il lungo e dettagliato elenco delle singole operazioni effettuate dagli istituti di credito – spiega Giorgio Beretta, analista della Rete italiano Dísarmo – è impossibile giudicare l’operato delle singole banche. Senza quell’elenco, infatti, i loro codici di comportamento non sono comprovati dal riscontro ufficiale che solo la Relazione del governo può fornire».