domenica 30 gennaio 2011

Super N, patto segreto sulle grandi emergenze

da Il Mattino del 30 gennaio 2011
di Rosaria Capacchione


Super N, patto segreto sulle grandi emergenze

Da Claudio De Blasio a Marta De Gennaro: nomi ricorrenti, filo rosso con le indagini su Abruzzo e G8. Dietro l'emergenza rifiuti una Super Nomenklatura che, da vent'anni, opera nel business delle ecomafie grazie alla mancanza di volontà degli amministratori locali di risolvere i problemi. Una lobby autoreferenziale rispetto alla quale, anche la camorra, è in posizione subordinata


Si chiama Super N, associazione segreta ma non troppo, mai formalmente costituita e che pure esiste e opera da almeno vent’anni. Ha la struttura di una loggia massonica. A voler utilizzare un termine ormai abusato, una cricca. Vi aderiscono uomini dell’amministrazione dello Stato, chiamati di volta in volta a risolvere le emergenze del Paese: terremoti devastanti, alluvioni, vertici internazionali, surplus di rifiuti che non si sa dove smaltire.
Vanno a braccetto, quelli di Super N, con professionisti e imprenditori di strettissima osservanza, agiscono con i poteri straordinari conferiti dai governi, utilizzano le norme in scioltezza, appunto, dell’emergenza.
E’ la Super Nomenklatura che compare in tutte le inchieste più recenti, dalla ricostruzione in Abruzzo all’ospitalità alla Maddalena per i partecipanti al G8 fino, ovviamente, a quelle sui rifiuti in Campania: Corrado Catenacci, che da indagato nell’inchiesta Rompiballe viene nominato al vertice della società provinciale dei rifiuti di Napoli; Claudio De Biasio, che da imputato diventa consulente di Bertolaso alla Protezione Civile e che rientra in ambito regionale fino a diventare il liquidatore del Commissariato per le acque. Oppure Marta Di Gennaro, capo Innovazione al ministero della Salute. Sempre gli stessi nomi, sempre le stesse facce, competenza non necessariamente comprovata oppure messa al servizio, senza remore, «dagli illeciti intenti di funzionari pubblici infedeli», come scrivono i giudici Bruno D’Urso, Francesco Chiaromonte e Luigi Giordano (che oggi iniziano gli interrogatori degli arrestati) nell’ultima misura cautelare sull’attività del Commissariato straordinario dell’emergenza rifiuti.

Un apparato deviato? Piuttosto una sovrastruttura, spiegano alcuni dei magistrati che si sono avvicendati nella inchiesta napoletane, a partire da quelle su Impregeco e su Nicola Cosentino, passando per la gestione della Fibe e la costruzione del termovalorizzatore di Acerra.
Ciò che emerge dagli atti d’indagine firmati, nel tempo, da Raffaele Cantone, Alessandro Milita, Giuseppe Narducci, Paolo Sirleo, Giuseppe Noviello, Vincenzo Piscitelli, Henry John Woodcock, Francesco Curcio è, appunto, la prova dell’esistenza di quel sistema gelatinoso di cui si è parlato a proposito degli appalti all’Aquila e alla Maddalena.
Melassa, l’ha definita recentemente il giudice Cantone, nella quale trova spazio anche la camorra che «utilizzando schermi formali di consorzi o associazioni temporanee di imprese e, soprattutto, l’attenuazione dei controlli tipico dei momenti d’emergenza, sono riuscite a ritagliarsi una parte cospicua della torta dei finanziamenti pubblici».

In Campania, ed è qui il paradosso sorprendente, la camorra è però in posizione subordinata a Super N, alla burocrazia commissariale o regionale che detta tempi e tempi degli interventi. Così come la politica, che si accontenta di ritagliarsi spazi di gestione clientelare (o meramente affaristica) senza però riprendersi il ruolo che le compete, cioè quello di programmazione. Ed è da questa la valutazione che arriva, infatti, la denuncia del Procuratore Giovandomenico Lepore della mancanza di volontà, da parte degli amministratori, di risolvere i problemi.

La sovrastruttura burocratica ha operato in tutta la gestione dell’emergenza rifiuti, sin dalla nascita del business delle ecomafie. Ai suoi albori, alla fine degli anni Ottanta, era una emenazione diretta della massoneria toscana e di Licio Gelli. Documentati nell’inchiesta Adelphi del 1993 (e successivamente dal pm antimafia Milita, nel 2006) i rapporti con il capo della P2 e con altri «fratelli muratori» collegati a Cipriano Chianese, avvocato di Parete e uomo chiave nei rapporti con il clan del Casalesi, da lui chiamati nel 1988/89 a risolvere il problema del reperimento delle aree da adibire a discarica dei rifiuti tossici e nocivi che arrivavano dal Nord. La mentalità lobbistica è stata fatta propria dalla nomenclatura chiamata a gestire le emergenze e che, nel tempo, è diventata autoreferenziale e necessaria a se stessa. Per sopravvivere ha bisogno, quindi, che l’emergenza sia continua e mai risolta, a meno che non se ne crei un’altra più redditizia ancora.

lunedì 24 gennaio 2011

Spunta la proposta legge anti-pm: "Punire i magistrati che intercettano"

da www.repubblica.it


Spunta la proposta legge anti-pm: "Punire i magistrati che intercettano"

Depositata alla Camera il 28 ottobre, due giorni dopo l'esplosione dell'affare Ruby, a firma del parlamentare Pdl Vitali, ora al vaglio del premier. "Riparazione di ingiusta intercettazione di comunicazioni telefoniche e conversazioni"

ROMA - Dal Parlamento emerge con concretezza di legge l'idea che lo stesso Berlusconi ha lanciato con i sui videomessaggi sulla punizione dei magistrati inquirenti. Si tratta di una proposta di legge - riferisce l'agenzia Dire - depositata alla Camera il 28 ottobre scorso, esattamente due giorni dopo l'esplodere del caso Ruby, quando si seppe che il premier aveva telefonato alla questura di Milano per far affidare l'allora minorenne marocchina al consigliere regionale della Lombardia, Nicole Minetti. La prima firma è del deputato Pdl Luigi Vitali, sottoscritta da altri 29 parlamentari suoi colleghi, tra cui Cirielli, Cassinelli, Lehner. Il titolo è chiaro: "Introduzione dell'articolo 315-bis del codice di procedura penale, concernente la riparazione per ingiusta intercettazione di comunicazioni telefoniche o di conversazioni".

La proposta è stata consegnata direttamente nelle mani di Silvio Berlusconi - che ora la sta valutando - il giorno della riunione con i deputati-avvocati del Pdl. "L'ho consegnata io al presidente- spiega Vitali- e mi ha detto che la esaminerà con attenzione. La prossima settimana la presenterò in conferenza stampa e chiederò di esaminarla subito in commissione giustizia".

A leggere i cinque articoli, il progetto di legge sembra proprio pensato per il caso Ruby. E, se venisse approvato dal Parlamento, metterebbe un serio freno all'uso delle intercettazioni da parte dei magistrati, che potrebbero incorrere in pesanti sanzioni.

I punti principali della proposta sono i seguenti: i pm e i gip non competenti territorialmente e funzionalmente non potranno più autorizzare intercettazioni, pena provvedimenti disciplinari stabiliti dal ministro della Giustizia. In caso di assoluzione in un processo, l'imputato, ma anche tutti i testimoni finiti nelle intercettazioni 'spiattellate' sui giornali, avranno diritto a un risarcimento fino ad un massimo di 100mila euro, che sarà sborsato di tasca propria dai pm dopo sentenza "di responsabilità contabile" della Corte dei conti. Potrà infatti chiedere l'applicazione della legge chi è stato assolto con sentenza irrevocabile "perché il fatto non sussiste, per non aver commesso il fatto o perché il fatto non costituisce reato da un'imputazione formulata nell'ambito di un procedimento penale nel quale è stato destinatario di intercettazioni di comunicazioni telefoniche o di conversazioni". Chi verrà prosciolto da ogni accusa, insomma, "avrà diritto a un'equa riparazione per l'intercettazione ingiustamente subita".

Ma la vera "chicca" è la norma transitoria che rende la legge retroattiva: avranno diritto al risarcimento anche coloro che sono stati coinvolti in indagini risalenti a 5 anni prima della sua entrata in vigore.

Nella relazione di accompagnamento al testo, Vitali spiega: "È innegabile che soprattutto negli ultimi anni vi sia stato un abuso" dello strumento delle intercettazioni "che, da un lato, è enormemente costato alle casse dello stato e, dall'altro, è stato largamente invasivo del diritto costituzionale alla riservatezza nei confronti di numerosissimi cittadini che sono usciti dalle rispettive vicende dopo essere passati nel 'tritacarne' mediatico e giudiziario. Il Parlamento è stato fino a oggi incapace di dettare una disciplina che regolamentasse la materia".

venerdì 21 gennaio 2011

Ecco a voi il cellulare di Silvio Berlusconi

Mettendo assieme il mezzo numero presente nel registro chiamate della escort brasiliana Michel (riportato nelle 389 pagine dell'invito a comparire di B.), al mezzo numero mostrato dalla escort Nadia Macrì nell'ultima puntata di Annozero, ecco il risultato.

335 1500 431 Silvio Berlusconi

In pratica i cittadini italiani del 2011 hanno scoperto il numero privato del loro Presidente del Consiglio incrociando le agende telefoniche di due prostitute, e credo che con questo sia stato detto tutto.


giovedì 20 gennaio 2011

Nucleare - Il problema senza la soluzione

da www.greenpeace.it/stopnucleare

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