giovedì 22 luglio 2010

Delian, Cina: marea nera

da www.greenreport.it

Greenpeace Cina: la marea nera di Delian dimostra che bisogna cambiare modello di sviluppo


La marea nera che sta soffocando le coste di Delian e il golfo di Bohai, una delle località turistiche più famose della Cina ed (ex) fiore all'occhiello dello sviluppo armonioso con l'ambiente del governo di Pechino, secondo Greenpeace China «Dovrebbe rappresentare un grave avvertimento sui costanti ed inevitabili pericoli di proseguire nella dipendenza della nostra economia dal petrolio».


Greenpeace China, dopo aver diffuso le foto che hanno rivelato al mondo la dimensione umana e ambientale di una tragedia che subito si era cercato di minimizzare, fornisce le prima cifre dei danni prodotti dalla serie di esplosioni verificatesi su due oleodotti che avrebbero aperto una squarcio anche in un serbatoio per lo stoccaggio del petrolio: «Si stima che circa 11.000 barili (1.500 tonnellate) di greggio siano fuoriuscite in mare, creando una chiazza di petrolio che si è ampliata sino al oltre 100 km2 (quindi da subito il doppio di quanto dicevano le autorità cinesi, ndr). Un incendio ha infuriato per 15 ore prima di essere quasi spento. Lo sversamento di petrolio ha gravi conseguenze per l'ecosistema costiero, così come la pesca e l'industria del turismo e le comunità locali. Anche se è ancora troppo presto per valutare pienamente le conseguenze ambientali di questo incidente, una cosa è certa: non ci potrà essere una completa pulizia. Il danno fatto da ogni fuoriuscita di petrolio è irreversibile e di lunga durata. I lavori di bonifica sono già iniziati, con barriere, skimmer e disperdenti, che sono essi stessi prodotti chimici pericolosi, i cui effetti dannosi non sono ancora stati completamente studiati».

Yang Ailun, climate campaigner di Greenpeace China, critica apertamente la politica energetica del suo Paese: «Dal Golfo del Messico fino al Golfo di Dalian, ai numerosi incidenti nelle miniere di carbone, è tragicamente evidente che lo sviluppo economico costruito su combustibili fossili è insostenibile e ha un prezzo alto. Al fine di evitare le conseguenze devastanti di tali incidenti sul nostro ambiente e sulla sicurezza, dobbiamo riformare il nostro sistema energetico, migliorando l'efficienza energetica e sviluppando le fonti energetiche rinnovabili, allontanandoci dai combustibili fossili sporchi come il petrolio e il carbone».

Greenpeace sta monitorando da vicino la marea nera e i lavori di bonifica ed ha anche inviato un suo team sul luogo del disastro per valutarne l'impatto ambientale e «Chiede che il governo cinese e le aziende responsabili effettuino una valutazione completa degli impatti ambientali e intraprendano azioni forti per ridurre al minimo le conseguenze negative. Disastri petroliferi come questo dimostrano che non importa quali tecnologie e precauzioni ci siano, gli sversamenti non possono essere previsti o evitati. La nostra dipendenza dal petrolio lega insieme il mondo in modo velenoso, bloccando le economie con tragedie ambientali come quelle nel Delta del Niger, nelle foreste pluviali dell'Equador, nel Golfo del Messico e ora sulle coste di Dalian».

Gli ambientalisti cinesi ricordano che i ministri dell'energia di 20 nazioni, compresa la Cina, hanno partecipato al Major economie forum per parlare di energia pulita «Speriamo che abbiano preso qualche decisione giusta ed impegni per la nuova energia del futuro».

Greenpeace svela anche un'altra cosa: non è vero che non ci sono state vittime come ha detto il governo cinese, la marea nera ha uno sconosciuto eroe: il vigile del fuoco Zhang Liang che è morto mentre lavorava alle operazioni di bonifica. Gli ambientalisti hanno inviato una lettera di condoglianze alla famiglia ed al dipartimento dei vigili del fuoco di Delian per «esprimere la nostra simpatia e il rispetto per Zhang Liang e per tutti coloro che sono in prima linea nello sforzo di bonifica».

Il team di Greenpeace ha assistito in diretta alla morte di Zhang Liang che si è gettato in mare con un suo collega per riparare una pompa subacquea che era stata intasato da petrolio e detriti. Una grossa onda ha spazzato via il vigile del fuoco di soli 25 anni e i suoi compagni non sono riusciti a salvarlo prima che annegasse nel petrolio che ricopriva la superficie con una coltre spessa 20 centimetri.

Nella lettera di condoglianze Ailun Yang scrive: «L'eccessivo affidamento dato al petrolio nel nostro pianeta ha causato questa tragedia. E' un giorno triste per coloro che sono coinvolti nello sforzo di bonifica e per il pianeta nel suo complesso. In fin dei conti siamo noi esseri umani che paghiamo il prezzo della nostra dipendenza dal petrolio».

martedì 20 luglio 2010

Fratellanza giuridica. I magistrati e la massoneria.

da http://paolofranceschetti.blogspot.com
di Solange Manfredi


1. Premessa.

Da qualche giorno i giornali riportano la notizia di una inchiesta romana su una associazione a delinquere, denominata nuova loggia P3, che vedrebbe coinvolti politici, faccendieri, criminalità organizzata, e magistrati.
I magistrati coinvolti sono persone ai vertici della magistratura, ex Presidenti dell’A.N.M., ex Consiglieri del C.S.M. , avvocati generali della Cassazione, ovvero:

- il dr Arcibaldo Miller, Capo degli Ispettori del Ministero della Giustizia e membro dell’A.N.M;

- il dr Antonio Martone, ex Presidente dell’A.N.M., ex Avvocato Generale della Corte Suprema di Cassazione ed oggi capo di una Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche;

- il Sottosegretario di Stato Giacomo Caliendo, ex Consigliere del C.S.M ed ex Presidente dell’A.N.M;

- il Presidente della Corte di Appello di Salerno Umberto Marconi, consigliere del CSM ed ex membro dell’ANM;

- il Presidente della Corte di Appello di Milano Alfonso Marra;

- il Primo Presidente della Corte Suprema di Cassazione Vincenzo Carbone.

Niente di nuovo, l’intreccio in odor di massoneria tra magistratura e potere c’è sempre stato.
Solo per fare un esempio, da più di un anno si sta celebrando, nel più assoluto silenzio, un processo sulla compravendita di sentenze in Cassazione che, visto il coinvolgimento di personaggi legati dal vincolo massonico, è stato denominato Hiram (figura allegorica della massoneria, nonchè nome della rivista ufficiale del Grande Oriente d’Italia).
Ed ancora l’intreccio tra magistratura e potere massonico (di oggi e di ieri) è ben evidenziato nel libro di Gioaccino Genchi “Gioacchino Genchi. Storia di un uomo in balia dello Stato”.
Per non parlare degli scandali che negli anni ’80 e ’90 videro coinvolti magistrati iscritti alla loggia P2.
Ma, a questo punto, una domanda sorge spontanea: perché nella maggior parte degli scandali che vede coinvolti magistrati compare sempre anche la massoneria?
Come fanno i massoni a poter sempre contattare il magistrato giusto al momento giusto?

2. La "Fratellanza Giuridica".

La risposta non è semplice ma forse, in questa sede, si può aggiungere un dato che potrebbe essere importante per capire gli intrecci di “certo” potere.
Quando mio padre (avvocato) morì, 15 anni fa, nella cassaforte di casa trovai, insieme al suo tesserino di affiliazione alla massoneria, centinaia di documenti massonici.
Tra questi rinvenni un piccolo libricino rilegato che riportava in copertina: "Fratellanza Giuridica": Statuto.
Appena ne lessi il contenuto rimasi sconvolta, come sconvolti sono rimasti avvocati e giudici (non massoni ovviamente) a cui l’ho mostrato.
L'esistenza di uno Statuto che, all’interno delle varie logge (e quindi tra massoni già vincolati dal giuramento di silenzio, assistenza ed aiuto reciproci e dal divieto di denunciare un fratello al Tribunale profano 1), univa in una “più fraterna collaborazione” avvocati – cancellieri – docenti di materie giuridiche – dottori commercialisti – magistrati – notai – ragionieri ed ufficiali giudiziari, in altri termini tutti i tasselli “sensibili” di un Tribunale, era sconvolgente.
Un legame cosi' stretto tra i protagonisti delle vicende giudiziarie si prestava veramente a deviazioni infinite.
Il fatto, poi, che gli elenchi di questa “Fratellanza Giuridica” fossero a disposizione dei massoni iscritti alle varie logge italiane poteva rendere ogni Tribunale raggiungibile da qualsiasi fratello in cerca di aiuto massonico.
Nessun rischio a chiedere un “aiutino”: il massone infatti ha giurato sia di aiutare sia di non denunciare mai un fratello al Tribunale profano. Non a caso ogni scandalo che ha riguardato magistrati e massoni è sempre stato originato dalla scoperta di documenti durante una perquisizione o, come in questo caso, da intercettazioni telefoniche; ma mai in nessun caso un'indagine ha avuto origine dalla denuncia di un fratello verso un altro fratello.
Se all'interno della stessa loggia, della stessa cittadina, si ritrovano regolarmente per studiare, lavorare, o altro... avvocati, cancellieri, magistrati e ufficiali giudiziari, si sa, l'occasione fa l'uomo ladro. La frequentazione, l'amicizia, ma, soprattutto, il giuramento di reciproco aiuto ed assistenza, fanno sì che in queste "logge" possa scattare la richiesta di “aiutino”. In fondo, per insabbiare un processo, per depistare, per creare confusione, basta poco: una notifica sbagliata, un fascicolo sparito, una nullità non rilevata, ecc.. piccoli errorini, idonei a deviare il corso di un processo; ma errorini per cui in Italia non si rischia assolutamente nulla.
Certo si parla di possibilità, non è detto che accada però, come già sottolineato, l'occasione fa l'uomo ladro.
Proprio per questo i magistrati ed avvocati più attenti a livello deontologico (non vi preoccupate, è una razza ormai quasi estinta) evitano le frequentazioni con avvocati almeno dello stesso foro in cui esercitano.
Il motivo di tale comportamento è chiaro (o dovrebbe esserlo) il giudizio del magistrato, per non lasciare adito ad alcun dubbio, deve essere il più possibile scevro da condizionamenti di qualunque genere.
Chi frequenta i Tribunali, invece, spesso si trova a dover costatare comportamenti ben diversi, e si può incappare in situazioni in cui avvocati e magistrati dello stesso foro dividono l'affitto di una garconier con cui andare con le rispettive amanti.
Sarà, dunque, forse un caso che più di 7 processi su dieci saltano per notifiche sbagliate? Sarà forse un caso che spesso le indagini o processi che vedono coinvolti massoni hanno un iter burrascoso con avocazioni di indagine (Why not, Toghe Lucane), trasferimenti di sede (Piazza Fontana, Golpe Sogno, Scandalo loggia P2) od altro?
Probabilmente si, non vogliamo in alcun modo pensar male anche se, come diceva Andreotti, a pensar male si fa peccato ma, raramente, si sbaglia.

3. Lo Statuto.

Trascrivo qui il contenuto dello Statuto rinvenuto tra i documenti di mio padre.
Ovviamente, e per estrema correttezza, avverto il lettore che non posso assicurare che detto statuto sia vero, ma, dati i rapporti che intratteneva mio padre (avvocato), ciò che mi aveva detto riguardo i magistrati che frequentavano regolarmente la nostra casa e il fatto di averlo rinvenuto all’interno di una cassaforte insieme a centinaia di documenti giuridici firmati da “fratelli”, mi fa propendere per il si.
Se così fosse parrebbero esistere "Fratellanze" costituite esclusivamente da magistrati, avvocati, cancellieri, ufficiali giudiziari, professori universitari, ecc.. le cui "deviazioni" potrebbero condizionare il sistema giudiziario ostacolando il corso di processi importanti.

A.G.D.G.A.D.U.
GRAN LOGGIA NAZIONALE
DEI LIBERI MURATORI D’ITALIA
“GRANDE ORIENTE D’ITALIA”
*
STATUTO DELLA “FRATELLANZA GIURIDICA”
(Approvato a Roma, il 21 settembre 1968)

1
La Fratellanza Giuridica è costituita da Fratelli attivi e quotalizzanti nelle rispettive Logge della Comunione italiana, appartenenti alle seguenti categorie professionali, e che ne facciano domanda: avvocati e procuratori legali –cancellieri – docenti di materie giuridiche – dottori commercialisti – magistrati – notai – ragionieri – ufficiali giudiziari.
2
La Fratellanza Giuridica ha come principali finalità:
a) Dare, quando richiestane, pareri giuridici al Grande Oriente o ai vari Organi massonici, attraverso la Gran Segreteria;
b) Promuovere lo studio dei problemi interessanti i vari aspetti del diritto, internazionale e nazionale, e quelli delle singole categorie iscritte alla Fratellanza;
c) Consentire una più fraterna collaborazione, nell’ambito di ciascuna categoria, per l’esercizio dell’attività degli iscritti;
d) Indicare nominativi di difensori d’ufficio, se richiestane dai Tribunali massonici;
e) Curare la raccolta della giurisprudenza delle decisioni degli organi giudiziari massonici, anche comparata con l’opera giudiziaria delle altre Comunioni regolari;
f) Studiare ed approfondire ogni altra questione attinente all’esercizio professionale degli iscritti, nel rispetto delle leggi e delle tradizioni massoniche.
3
La Fratellanza Giuridica ha sede presso il suo Presidente effettivo.
Essa può essere sciolta in qualunque momento, o per decisione del Gran Maestro, previo il parere favorevole del Consiglio dell’Ordine, o per decisione dell’Assemblea degli iscritti.
Le elezioni e le decisioni dei vari Organi della Fratellanza Giuridica sono valide a maggioranza semplice ed impegnano anche gli assenti e, per il caso di scioglimento, con il voto favorevole di almeno due terzi degli iscritti.
Le cariche non sono rinunciabili ed impegnano gli eletti sino a quando non siano accettate eventuali loro dimissioni, da inoltrarsi al Consiglio Direttivo.
4
Sono Organi della Fratellanza Giuridica:
a) L’Assemblea degli iscritti;
b) Il Consiglio Direttivo;
c) L’Ufficio di Presidenza;
d) Ufficio di Segreteria e Tesoreria.
5
L’Assemblea degli iscritti è convocata dall’Ufficio di presidenza almeno una volta l’anno, entro il 31 marzo, o quando appaia opportuno, ovvero quando gliene faccia richiesta la maggioranza semplice del Consiglio Direttivo oppure almeno un quinto degli iscritti.
Alla Assemblea sono demandate tutte le decisioni comunque riguardanti la Fratellanza Giuridica, anche nelle materie di spettanza dei singoli Organi.
6
Il Consiglio Direttivo è composto dai Delegati circoscrizionali, che durano in carica tre anni e sono rieleggibili.
I Delegati circoscrizionali vengono eletti, anche mediante schede inviate per posta, dagli iscritti alla Fratellanza Giuiridica, nell’ambito delle circoscrizioni regionali massoniche.
Il Consiglio Direttivo si riunisce per convocazione dell’Ufficio di Presidenza, almeno due volte l’anno, ovvero quando ne faccia richiesta, allo stesso Ufficio di Presidenza, almeno un terzo dei suoi membri.
7
Le riunioni del Consiglio Direttivo sono valide con la presenza di almeno la metà dei suoi componenti. In caso di parità di voti prevale quello del presidente.
8
Ciascun delegato circoscrizionale deve promuovere riunioni di iscritti, iniziative e attività varie, nell’ambito della propria circoscrizione, in armonia con le leggi massoniche, con le finalità della Fratellanza Giuridica, con le deliberazioni dell’Assemblea e del Consiglio Direttivo.
9
L’Ufficio di Presidenza è composto:
a) Dal Gran Maestro;
b) Dal presidente effettivo, che viene eletto dal Consiglio Direttivo;
c) Da un Vice-Presidente.
Al Presidente effettivo (o, in caso di suo impedimento o assenza, al Vice-Presidente) spettano la rappresentanza, la direzione, le decisioni di ordinaria amministrazione della Fratellanza Giuridica.
10
L’Ufficio di Segreteria è composto:
a) Dal Gran Segretario;
b) Da un Segretario o da un Vice-Segretario, nominati dal Consiglio Direttivo, ai quali spetta la tenuta degli schedari, dei verbali, della corrispondenza della Fratellanza Giuridica. L’Ufficio di Segreteria effettua il controllo annuale della regolare appartenenza alle Logge della Comunione di tutti gli iscritti della Fratellanza.
Il Segretario o il Vice-Segretario possono essere eletti anche al difuori del Consiglio Direttivo, nel qualcaso vi partecipano senza diritto di voto.
11
Il Tesoriere è nominato da Presidente effettivo, anche non fra i Delegati circoscrizionali, nel qual caso partecipa al Consiglio Direttivo senza diritto di voto.
Il Tesoriere cura l’amministrazione, la contabilità, la riscossione delle quote e degli eventuali contributi volontari, e quant’altro attiene alla economia della Fratellanza Giuridica.
Il Tesoriere redige, entro il 31 dicembre di ciascun anno il bilancio consuntivo degli incassi e delle spese, ed un bilancio preventivo per l’anno successivo, da sottoporre all’approvazione dell’Assemblea.
12
Per far fronte alle spese di organizzazione e funzionamento della Fratellanza Giuridica, tutti gli iscritti devono versare una quota annuale.
13
Entro il 31 maggio di ciascun anno il Consiglio Direttivo:
a) Predispone ed approva bilanci consuntivi e preventivi redatti dal Tesoriere da sottoporre all’Assemblea;
b) Fissa l’ammontare della quota annuale obbligatoria a carico degli iscritti;
c) Redige una relazione morale sull’attività compiuta nell’anno precedente che, se approvata dall’Assemblea, viene inviata alla Gran Maestranza;
d) Delibera la destinazione delle somme pervenute per contributi volontari dai vari iscritti.
14
Ogni notizia relativa agli elenchi degli iscritti potrà essere chiesta e fornita dai rispettivi Delegati circoscrizionali, a ciascuno dei quali tali elenchi verranno consegnati, ovvero, in mancanza, dall’Ufficio di Segreteria.
15
Il presente Statuto potrà essere modificato con delibera di almeno un terzo degli iscritti, i Assemblea.
16
E’ demandata al Consiglio Direttivo la formulazione del regolamento di attuazione del presente Statuto.

Note: 1. come rivela una sentenza a sezioni unite del Tribunale massonico del 28/X/1978, per il principio n. 1 Cap. IV degli Antichi Doveri” il massone anche se a conoscenza di un reato non può neanche minacciare di denunciare un fratello a quello che viene definito “Tribunale Profano”, ovvero l’organo giudiziario previsto dalla Costituzione italiana, pena l'immediata espulsione dalla loggia.

martedì 13 luglio 2010

Onu: “Ddl intercettazioni va abolito o rivisto. Missione in Italia sulla libertà di stampa”

da www.ilfattoquotidiano.it


Il governo italiano deve “abolire o modificare” il progetto di legge sulle intercettazioni perché “se adottato nella sua forma attuale può minare il godimento del diritto alla libertà di espressione in Italia”. Lo ha detto il relatore speciale dell’Onu sulla libertà di espressione, Frank La Rue in un comunicato. Il funzionario internazionale ha auspicato una missione dell’Onu in Italia, nel 2011, per esaminare la situazione della libertà di stampa e il diritto alla libertà di espressione.

La Rue si è detto “consapevole” del fatto che il disegno di legge vuole rispondere alle preoccupazioni relative “alle implicazioni della pubblicazione delle informazioni intercettate per il processo giuridico e il diritto alla privacy”. Tuttavia, ha precisato che “il disegno di legge nella sua forma attuale non costituisce una risposta adeguata a tali preoccupazioni e pone minacce per il diritto alla libertà di espressione”.
In particolare, la norma per cui “chiunque non sia accreditato come giornalista professionista può essere condannato a quattro anni di carcere per aver registrato una comunicazione o conversazione senza il consenso della persona coinvolta e per aver poi reso pubblica tale informazione” infrange gravemente “tutti i diritti individuali di cercare e diffondere un’informazione imparziale, in violazione della Convenzione internazionale sui diritti civili e politici di cui l’Italia è parte”. L’esperto ha poi ricordato le manifestazioni contro il progetto di legge del 9 luglio scorso, raccomandando al governo di non “adottarlo nella sua forma attuale, e di impegnarsi in un dialogo significativo con tutte le parti interessate, in particolare giornalisti e organizzazioni della stampa, per garantire che le loro preoccupazioni siano prese in considerazione”. La Rue si è detto pronto “a fornire assistenza tecnica per garantire” che il ddl “rispetti gli standard internazionali dei diritti umani sul diritto alla libertà di espressione”, anche in vista della futura missione Onu.

Sprezzanti le reazioni della maggioranza. “Non siamo stupiti dal comunicato dell’Onu, anzi ci avrebbe sorpreso se si fossero espressi a favore” replica il vice presidente dei senatori Pdl, Gaetano Quagliariello. “La concezione dei diritti e delle libertà che ha l’Onu si commenta da sè. Ci sono interi scaffali di librerie sui paradossi cui le Nazioni Unite sono arrivati. Questo pronunciamento”, chiude Quagliarello, “è un’altra perla della collana…”. Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, si è detto “sconcertato” della posizione Onu, sottolineando che ci sono le prerogative di un “Parlamento sovrano”. E Daniele Capezzone, portavoce nazionale del Pdl, esprime tutta la sua disistima per un organo come l’Onu. “Troverei utile che i funzionari dell’Onu, guatemaltechi e non, dedicassero il loro tempo a contrastare le dittature, che troppo spesso dettano legge, o trovano comunque sostegno e copertura, anche nei comportamenti del Palazzo di Vetro. Lo sanno bene gli oppressi di tanti regimi”, continua Capezzone, “che in troppe occasioni hanno dovuto fare i conti con i comportamenti e le scelte di questo o quell’organo, di questo o quell’ufficio, di questo o quel funzionario delle Nazioni Unite”.
Immediata, la replica del senatore Pd Vincenzo Vita sulle dichiarazioni razziste di Capezzone in merito a funzionari dell’Onu, ‘guatemaltechi e non’: “l’Onu deve occuparsi delle vere dittature? Appunto”.
Sarcastica la nota del portavoce dell’Italia dei Valori, Leoluca Orlando: “Non ci stupiremmo se questa maggioranza, nel suo delirio di onnipotenza, oltre alle intercettazioni e alla libertà di informazione, finisse per chiedere l’abolizione dell’Onu. Magari ponendo la fiducia”

lunedì 12 luglio 2010

Rainews, cacciano Mineo per favorire la Lega

da www.unita.it


Via il direttore di Rainews Corradino Mineo, al suo posto un esterno alla Rai con il pregio di piacere alla Lega Nord. Lo fanno sapere il portavoce di Articolo21 Giuseppe Giulietti e il senatore Pd Vincenzo Vita, due conoscitori delle faccende Rai: «Altro che ricerca del dialogo. Nelle prossime ore gli imbavagliatori, e i loro delegati alla Rai cercheranno di mettere le mani anche su Rainews allontanando il direttore Corradino Mineo, mortificando le richieste della redazione e addirittura mettendo al suo posto un esterno gradito alla Lega».

Per Giuletti e Vita «se tutto ciò dovesse essere confermato, per la prima volta nella storia della Rai una maggioranza avrebbe il controllo di 10 testate giornalistiche su 11 con l'aggravante di un premier proprietario dell'altra metà dell'etere e tuttora ministro ad interim delle telecomunicazioni».

Giulietti e Vita sostengono che sarebbero felici di venire smentiti ma hanno «l'impressione che la direzione generale non potrà farlo neanche questa volta. Per quanto ci riguarda - proseguono - non abbiamo intenzione alcuna di aspettare le loro mosse. Quindi daremo mandato immediato ai nostri legali per preparare un nuovo esposto alla Corte dei conti contro queste scelte arroganti e dilettantesche, i continui ribaltoni, i dirigenti messi a disposizione». «Per valutare altresì - concludono Giulietti e Vita - se non si sia in presenza di una truffa ai danni dei cittadini che pagano il canone e che sono sempre più privati del diritto di scelta».

sabato 3 luglio 2010

Voci dal regime cinese...

da www.ilfattoquotidiano.it

...la rieducazione del monaco che fece la rivoluzione in Tibet

Si chiama Norgy e ha 29 anni. Dopo quasi un anno di lavaggio del cervello da parte del regime cinese, oggi arriva a negare i movimenti di rivolta
“In Tibet c’è libertà di religione?” Il monaco ascolta la domanda in silenzio, poi abbassa la testa. Si chiama Norgye, ha 29 anni, e vive nel tempio di Jokhang a Lhasa, il santuario più sacro per il buddhismo tibetano. Ci viveva anche due anni fa, quando il Tibet si incendiò per una serie di rivolte, represse dalle autorità cinesi, che causarono decine – e secondo il Dalai Lama centinaia – di morti. E proprio due anni fa, il 28 marzo 2008, Norgye apparve per la prima volta di fronte ai microfoni dei giornalisti, scortati dal governo cinese nel monastero. Allora urlò, tra le lacrime: “Il governo mente, hanno ucciso molte persone. Il Tibet non è libero”.


Oggi, due anni e un “corso di rieducazione patriottica” più tardi, parla a voce bassa. E dice che sì, i tibetani godono di libertà religiosa. “Ho sbagliato, ero contro la legge. Non mi hanno picchiato né torturato”, spiega Norgye ai giornalisti, ammessi dal governo cinese nel monastero. “Dovevamo imparare la legge. E attraverso l’educazione ho capito che quanto ho fatto in passato era sbagliato, era contro la legge”. A controllare quanto dice, a pochi passi di distanza, sono funzionari governativi e Laba, un monaco più anziano, guida “ufficiale” per il tour di cinque giorni – rigidamente pianificato da Pechino – della regione autonoma del Tibet, normalmente chiusa ai giornalisti stranieri. L’incontro con Norgye non era nemmeno in programma: solo l’insistenza da parte dei media stranieri di incontrare almeno uno dei protagonisti della rivolta del 2008 ha costretto Laba a chiamare il discepolo. Il monaco anziano interrompe il giovane più volte, per precisare, correggere, chiarire. Ma le ore passate a studiare legge e pensiero comunista, e la “denuncia” del Dalai Lama durante il corso di rieducazione patriottica, hanno sortito l’effetto desiderato. “Non sapevo nulla delle proteste”, dice Norgye, quando gli viene chiesto che cosa l’avesse spinto a urlare la sua rabbia due anni prima.

Eppure nel 2008, i 30 monaci che avevano violato le regole imposte dal regime cinese per andare di fronte ai giornalisti avevano detto che a loro e ai loro 87 confratelli era stato impedito di prender parte alle manifestazioni pacifiche del 10 marzo. Quelle che, commemorando il 49esimo anniversario del tentativo – fallito – dei tibetani di liberarsi dal dominio della Cina, sfociarono 4 giorni dopo nelle violenze compiute contro i cinesi di etnia Han, non tibetani. Quelle che portarono a una repressione decisa da parte di Pechino, che spinse molti governi a ipotizzare un boicottaggio – mai avvenuto – delle Olimpiadi di Pechino che sarebbero cominciate cinque mesi più tardi. Quelle dopo le quali il Dalai Lama – considerato un pericoloso leader separatista dal governo cinese, tanto che ad ogni sua visita in un Paese straniero Pechino minaccia ritorsioni in caso di meeting ufficiali con I capi di Stato – ha incontrato le autorità cinesi due volte, senza che di fatto nulla cambiasse. Anche oggi nella Regione autonoma del Tibet – quasi tre milioni di abitanti, il 92% dei quail di etnia tibetana, sotto il governo cinese dal 1950 – è vietato pregare e adorare il Dalai Lama, che vive in esilio in India. Eppure Norgye non ha dubbi, non ora. E a chi gli chiede come mai, se in Tibet c’è libertà religiosa, persino le foto del Dalai Lama siano messe al bando, risponde disciplinato: “C’è libertà. Quella, per ogni persona, di credere o no”.