venerdì 23 aprile 2010

Buon profeta Jonathan

da http://espresso.repubblica.it
22 febbraio 2010
di Umberto Veronesi


Il grande oncologo spiega perché mangiare carne è una follia


Roberto Saviano
ha 31 anni, Jonathan Safran Foer ne ha 32. L'autore italiano di 'Gomorra' e l'autore americano di cui sta ora per uscire anche in Italia l'appassionato 'Se niente importa. Perché mangiamo gli animali?' che ha già suscitato in America violente polemiche, a mio giudizio hanno in comune la rara capacità di fare gli scrittori entrando nel vivo di realtà scomode. Forse bisogna pensare ad Emile Zola, per trovare un precedente. Apparentemente si occupano di cose molto diverse, perché Saviano fa un reportage sulla società egemonizzata dalla camorra, mentre Safran Foer fa un'inchiesta sul mondo semisconosciuto degli allevamenti di animali da carne, ma entrambi ci comunicano l'esistenza di nuclei di 'non-mondo', dove la violenza di un modello di profitto (illegale il primo, formalmente legale il secondo) cancella in qualche modo l'idea di umanità.
Perché? Perché tutto diventa una macchina per far soldi, e se alla camorra non importa svuotare la democrazia, all'industria della carne non importa svuotare le prospettive di sopravvivenza del nostro pianeta. I dati a nostra disposizione sono sinistramente chiari, e non è inutile ricordarli. Nel 1800 la popolazione mondiale era di 900 milioni di individui, poi c'è stata una crescita accelerata.
Nel 1900 la popolazione era già quasi raddoppiata, con 1 miliardo e 600 milioni di persone. Ora siamo arrivati a quasi 7 miliardi, e si presume che nel 2025, cioè tra appena quindici anni, sulla Terra ci saranno 10 miliardi di uomini. Che fare?

I Paesi del Terzo Mondo sospettano le nazioni del benessere di voler imporre la denatalità, e io, per conto mio, sono convinto che bisogna ben guardarsi da tentazioni demografiche odiose. Sono però altrettanto convinto che siamo ormai arrivati a un punto di rottura, e che - oggi, e non domani - bisogna fare una scelta tra il nutrire gli uomini e nutrire gli animali per consumarne la carne. Altrimenti sarà la fame, e insieme con la fame, la guerra. Non dimentichiamo poi un'altra sciagura che sovrasta il nostro pianeta, cioè il progressivo riscaldamento dell'atmosfera, che può arrivare a sconvolgere gli equilibri, con conseguenze inimmaginabili. L'allevamento industriale di animali da macello è il primo responsabile del riscaldamento terrestre, ed è tra le prime due o tre cause di tutti i problemi ambientali più gravi, come l'inquinamento dell'aria e dell'acqua e la distruzione delle foreste. E allora?


Allora bisogna prendere la decisione, motivata e razionale, di cambiare modello. Non è impossibile. Gli scienziati sono d'accordo che la fame nel mondo non è una questione di produzione, ma di distribuzione delle risorse. Tecnicamente sarebbe possibile nutrire tutta l'umanità se si fa la scelta vegetariana. Volete un dato convincente? Un chilo di carne sulla nostra tavola ha richiesto 20 mila litri di acqua, proprio quel cosiddetto 'oro azzurro' che oggi noi impieghiamo (e sprechiamo) con la massima tranquillità e indifferenza, e che domani potrebbe addirittura venir razionato su scala mondiale, come sanno già a loro spese quelle aree del pianeta dove l'acqua è rara e preziosa.

Io, cresciuto in una cascina dove vedevo pulcini e vitellini e non mi sapevo adattare all'idea che poi venissero uccisi, sono vegetariano per scelta etica, e non posso impedirmi di vedere dietro una bistecca o una salsiccia le sofferenze e la morte di creature viventi. E c'è dell'altro, puntualmente presente nella non-fiction di Safran Foer, in realtà una superba inchiesta sul campo che mostra tutti gli orrori degli allevamenti e delle macellazioni: gli americani consumano ogni anno quattro milioni di chili di antibiotici, mentre per trattare gli animali da macello ne vengono impiegati trentotto milioni di chili, il che significa in pratica, per la legge della catena alimentare, che si consuma carne inzeppata di antibiotici, con quali risultati per la salute umana è facile immaginarlo, a partire dalla selezione di ceppi di germi resistenti agli antibiotici stessi.

Chiudo con un'annotazione. Il loro nome è animali, ma noi non gli riconosciamo l'anima, qualunque cosa essa sia. Riconosciamogli almeno la capacità di esseri 'senzienti'. Esseri vivi e palpitanti, che sentono il disagio, il dolore, la paura, l'angoscia. Non facciamoli nascere per farne delle 'cose'. Sottomesse all'inaudita violenza con cui noi trattiamo ciò che secondo noi origina dal nulla e ritorna nel nulla, e che perciò ci sentiamo autorizzati, senza rimorso e anzi placidamente, a manipolare e a distruggere a nostro piacimento.

sabato 17 aprile 2010

Secondo il premier «Gomorra e Saviano promuovono la mafia»

da http://www.ilsole24ore.com



La Piovra e Gomorra come enti di promozione della mafia nel mondo, dal momento che l'organizzazione criminale risulta sesta in classifica, ma senz'altro prima per notorietà nel mondo. Miscelando i dati degli osservatori istituzionali agli indicatori mediatici, Silvio Berlusconi è tornato a criticare i programmi basati sul storie di criminalità organizzata. La sua avversione per "La Piovra" era nota, oggi, dalla sala stampa di Palazzo Chigi, in "black list" finisce anche Roberto Saviano.

Il presidente del Consiglio, con i ministri di Interno e Giustizia al suo fianco, osserva che la mafia ha goduto di «un supporto promozionale che l'ha portata ad essere un fatto di giudizio molto negativo per il nostro Paese. Ricordiamoci le otto serie della Piovra, programmate dalle televisioni di 160 Paesi nel mondo, e tutto il resto, tutta la letteratura, il supporto culturale, Gomorra e tutto il resto».

Inevitabili le polemiche. Secondo l'ex procuratore nazionale Antimafia, Pierluigi Vigna, le dichiarazioni di Berlusconi contro "Gomorra" sono «improprie perché il libro di Saviano ha aperto gli occhi a gran parte dell'opinione pubblica sulla camorra». Gomorra, continua l'ex procuratore nazionale Antimafia, «è molto utile. Certe cose non le sapevo e anche gli addetti ai lavori ne sapevano meno di quanto esposto con una prosa molto bella». Attacchi al premier anche da sinistra. «È davvero assurdo quanto dichiarato per l'ennesima volta oggi dal premier a proposito di Gomorra e Saviano. Manca solo che ora si metta ad accusare i magistrati, le forze dell'ordine e le associazioni anti racket e tutti coloro che combattono e lottano contro la criminalità organizzata», ha commentato la presidente del gruppo pd a palazzo madama, Anna Finocchiaro. Polemico Walter Veltroni: «Roberto Saviano - ha detto l'ex segretario del Pd - è uno dei protagonisti della lotta alle mafie e il presidente del consiglio del nostro Paese avrebbe il dovere di rispettarlo e non di attaccarlo e isolarlo».

E Antonio Di Pietro ha chiesto al premier pubbliche scuse. «Berlusconi - dice Di Pietro - si scusi con Saviano che rischia la vita per le sue denunce e a tutti quegli operatori di giustizia che, nonostante le minacce in stile mafioso fatte da un Presidente del Consiglio, hanno ancora oggi il coraggio di tenere alto il senso dello Stato e delle istituzioni. Tra l'altro è singolare che Berlusconi parli di successi del governo nella lotta alla criminalità nel giorno in cui è stata chiesta la condanna per concorso esterno in associazione mafiosa per il suo luogotenente Marcello Dell'Utri. Infatti, se fosse stato realmente interessato alla lotta alla mafia, non lo avrebbe candidato per assicurargli l`impunità. Così come non avrebbe dovuto impedire l`arresto del suo sottosegretario Nicola Cosentino. Berlusconi, quando parla di lotta alla criminalità, farebbe bene a guardarsi allo specchio e darsi una ripulita».

giovedì 15 aprile 2010

Emergency sotto attacco...

da http://www.emergency.it


10/04/10 - Tre operatori di Emergency prelevati all'ospedale di Lashkar-gah

Milano, 10 aprile.
Oggi pomeriggio uomini della polizia e dei servizi segreti afgani hanno fatto irruzione nel Centro chirurgico di Emergency a Lashkar-gah, nella provincia meridionale di Helmand. Tre dei nostri operatori, cittadini italiani, sono stati prelevati attorno alle 16.30, ora afgana.
Non siamo finora riusciti ad avere un contatto telefonico con loro. Nell’unico contatto avuto con uno dei cellulari in uso ai nostri operatori ha risposto una persona che si è qualificata come ufficiale delle forze armate britanniche e che ha detto che gli italiani stavano bene ma che - al momento - non si poteva parlare con loro.
Altri cinque dei nostri operatori, tra cui quattro italiani e un indiano, sono al momento nell’abitazione dello staff internazionale e sono in costante contatto telefonico con il nostro staff a Milano.
Né le autorità afgane né rappresentanti della coalizione internazionale si sono messe in contatto con noi per spiegarci le ragioni di questo prelevamento.
Abbiamo appreso da un lancio di agenzia dell’Associated Press che alcune persone, tra cui cittadini afgani e “due medici italiani”, sarebbero state arrestate con l’accusa di avere complottato per uccidere il governatore della provincia di Helmand.
L’accusa ci sembra francamente ridicola e siamo assolutamente certi che la verità verrà presto accertata.
Fermo restante la libertà del governo afgano, delle forze di polizia afgane e dei servizi di sicurezza di svolgere tutte le indagini del caso, chiediamo l’assoluto rispetto dei diritti dei nostri operatori, locali e internazionali. Si tratta di persone che da anni lavorano, per assicurare cure alla popolazione afgana. Chiediamo pertanto di rispettare i loro diritti, per primo il diritto di comunicare con noi e farci sapere dove si trovano e come stanno.

Emergency è presente in Afganistan dal 1999 con tre centri chirurgici, un centro di maternità, una rete di 28 centri sanitari.
A Lashkar-gah, Emergency è presente dal 2004 con un centro chirurgico per vittime di guerra, che in questi anni ha curato oltre 66mila persone.



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da http://antefatto.ilcannocchiale.it

11 aprile 2010

I servizi di sicurezza avrebbero trovato nell’ospedale sette giubbotti colmi di bombe. L’accusa è: complotto

di Luca De Carolis

In quell'ospedale di frontiera avrebbero trovato sette giubbotti colmi di bombe, come quelli dei kamikaze, assieme a fucili e granate. E tre cooperanti italiani, che ogni giorno cercano di salvare le vittime di una guerra infinita, sono stati arrestati, con l'accusa di aver partecipato a un complotto per uccidere un governatore locale. Un reato che in Afghanistan può costare la morte. L'unica certezza, in una vicenda piena di punti oscuri. Un caso internazionale, esploso ieri pomeriggio con l'arresto nell'ospedale di Lashkar-Gah (provincia di Helmand), nel sud dell'Afghanistan, di tre cooperanti italiani di Emergency: il coordinatore medico della struttura, Matteo Dell'Aira, di Milano; il chirurgo bresciano Marco Garatti e l'addetto alla logistica, Matteo Pagani, di Roma. A fermare i tre operatori, e sei collaboratori afgani, sono stati uomini dei servizi segreti di Kabul. E soldati dell'Isaf, l'esercito della Nato di stanza in Afghanistan. Almeno stando alle autorità afgane e ad Emergency, perché l'Isaf nega di aver preso parte all'irruzione. "Questa operazione - assicura il portavoce ufficiale della forza Nato, il generale canadese Eric Trembley - è stata realizzata dalle forze di sicurezza afghane. Consiglio di rivolgersi a loro o all'ambasciata d'Italia per conoscerne i particolari". Una presa di distanza netta e infastidita.

Eppure il portavoce dell'amministrazione provinciale di Helmand, Daud Ahmadi, aveva confermato la presenza dei militari Isaf. Ribadita dal responsabile della comunicazione di Emergency, Maso Notarianni: “Lo sappiamo per certo, nell'ospedale sono entrati uomini della National Security mentre uomini dell'Isaf sono rimasti fuori. Ne siamo anche certi perché al telefono di uno dei nostri ha risposto una persona che si è presentata come un ufficiale dell'Isaf'”. Ma perché si è arrivati agli arresti? Secondo Ahmadi, la polizia avrebbe ricevuto una soffiata su un piano per uccidere il governatore di Helmand, Gulab Mangal, durante una sua visita all'ospedale di Lashkar-Gah. Un attentato finanziato da talebani afgani, fuggiti in Pakistan.

Così sono scattati i controlli, che avrebbero portato al ritrovamento di svariate armi nel magazzino dell'ospedale, tra cui sette giubbotti esplosivi. Il responsabile del deposito avrebbe fatto i nomi dei responsabili del complotto, citando anche i tre medici italiani. "Stavano pianificando degli attentati a Lashkar Gah e il loro primo bersaglio ero io" sostiene Mangal, secondo cui nell'ospedale sono stati scoperti cinque fucili, nove granate e munizioni varie. Ma le stesse autorità locali ammettono che mancano prove concrete del coinvolgimento dei medici, a cui non sono state neppure formalizzati capi di imputazione. Emergency bolla come "assolutamente ridicole" le accuse. "Chiunque, qualsiasi afgano medio - sottolinea Notarianni - ridirebbe del fatto che qualsiasi membro dello staff di Emergency possa complottare alcunché. L'ospedale di Lashkar-Gah opera in una situazione difficile: nella provincia di Helmand è in corso da settimane una operazione militare che ha colpito molti civili". Quanto alle armi, “è improbabile che ci fossero, perché chiunque entra ed esce dall'ospedale viene perquisito”.

L'associazione ha lanciato quindi un chiaro messaggio al ministro degli Esteri Frattini: "Ci aspettiamo che faccia immediatamente rilasciare i nostri medici e si esiga che la situazione torni alla normalità". Cauta la nota della Farnesina: "Il ministro sta seguendo gli sviuppi della vicenda. In attesa di conoscere la dinamica dell'episodio e le motivazioni dei fermi, il governo italiano ribadisce la linea di assoluto rigore nei confronti di chi fiancheggia il terrorismo. La Farnesina riconferma il suo più alto riconoscimento al personale civile e militare impegnato in Afghanistan". Fonti ufficiose del ministero hanno invece sottolineato come gli arrestati operassero in una struttura non finanziata neppure indirettamente dalla cooperazione italiana. Cecilia Strada, figlia di Gino e presidente di Emergency, sottolinea: "Non ci hanno ancora comunicato ufficialmente degli arresti. Questa storia è talmente assurda che risulta difficile crederci. Non riesco neppure a pensare a uno dei nostri con una pistola".

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