mercoledì 16 dicembre 2009

Copenhagen e le 3 apocalissi del sistema

da www.iarnoticias.com
13 dicembre 2009
di Manuel Freytas



In tutti i summit sul “cambiamento climatico” come quello di Rio, Johannesburg, o l’attuale di Copenaghen, si parla solo di “impatto ambientale”, di “emissioni inquinanti” che distruggono il pianeta, senza scavare nelle radici e la causalità del sistema capitalista che li produce. Questa omissione (complice e cosciente) permette di parlare della “vittima” (il pianeta e la maggior parte dell’umanità) senza identificare il “criminale” (i gruppi e le aziende capitaliste che concentrano attività e fortune personali depredando e distruggendo irrazionalmente il pianeta).
Nell’attuale disegno dell’economia mondiale transnazionale” non sono (come prassi) nè i governi nè i paesi che decidono quanto si produce e per chi si produce su scala mondiale, ma le corporazioni e le banche transnazionali che hanno il controllo sulle tre strutture economiche basiche del sistema capitalista: La struttura della produzione, la struttura della commercializzazione e la struttura finanziaria.

Nel sistema capitalista (livellato come “civiltà unica”) la produzione e la commercializzazione di beni e di servizi (essenziali per la sopravvivenza umana), si trovano nelle mani di corporazioni private che controllano dalle risorse naturali (tutela ambientale) fino ai sistemi economici produttivi (ambiente sociale) al di sopra della volontà dei governi e dei paesi.

Questo implica, in primo luogo, che non sono gli Stati ma le aziende capitaliste (i padroni privati degli Stati) che decidono quando, come e dove( e senza nessuna considerazione strategica di impatto ambientale globale) installare una fabbrica o un conglomerato industriale inquinante orientato (prima di tutto) a produrre ricchezza privata al costo della distruzione del pianeta.

Nei “summit” come quello di Rio, Johannesburg- per citarne alcune dei 14 che già sono stati realizzati- o l’attuale di Copenaghen (COP15), si parla solo di “impatto ambientale”, di “emissioni inquinanti” che distruggono il pianeta, senza approfondire sulle radici e le causalità del sistema che le produce.

Questa omissione (complice e cosciente) permette di parlare della “vittima”(il pianeta e la maggior parte dell’umanità) senza identificare il criminale (gruppi ed aziende capitaliste che concentrano attivi e fortune personali depredando e distruggendo irrazionalmente il pianeta).

I suoi relatori, gli scienziati e funzionari che “allertano” sulla catastrofe ambientale, non lo rapportano alla proprietà privata capitalista, con la ricerca di reddito e di concentrazione di ricchezza in poche mani, con la società del consumo e con le multinazionali e le banche che controllano le risorse naturali ed i sistemi economici produttivi senza pianificazione ed orientati solo al guadagno privato in tutto il pianeta.

Il sistema capitalista, come azione e come risultato è irrazionale, non pianificato e (salvo la ricerca di guadagno e di concentrare della ricchezza in poche mani) privo di logica strategica per preservare e proteggere razionalmente al pianeta dalla sua stessa azione depredatrice e distruttiva.

Quando un’azienda (sia locale o transnazionale) inizia un' opera industriale non comincia da uno studio sull’impatto ambientale che produce, ma da uno studio sul costo-beneficio commerciale e una proiezione assicurata di guadagno per i suoi azionisti.

Questo agire irrazionale(individualista e non pianificato) del sistema dominante è matematico ed ha un’azione-reazione emergente sull’economia, sull’umano e sull'ambiente che lo circonda.

L’irrazionalità (la non considerazione di effetti collaterali nocivi e/o distruttivi che possono emergere) trasforma le aziende capitaliste in predatrici dell' ambiente (fiumi, fauna compresi gli animali) per il semplice fatto che non agiscono seguendo interessi sociali generali (preservare il pianeta e le specie), ma la ricerca di interessi particolari (preservare il reddito e la concentrazione della ricchezza privata).

E la giustificazione sociale (creare “fonti di lavoro”) che usano risulta anche irrazionale, dato che per “dare lavoro” non solo creano povertà in massa per lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, ma distruggono anche l’ambiente e le risorse naturali del pianeta per provvedere alla loro ricchezza e benessere economico per i pochi che integrano l’esclusiva piramide degli utili aziendali in alta scala.

Per quanto riguarda la portata distruttiva, per effetto dell’irrazionalità, basti citare l’esempio dell’azienda di carta Botnia, in Uruguay: la transnazionale, dando come motivazione il “creare fonti di lavoro” a 300 persone, ha inquinando in 24 ore il Rio Uruguay, che divide l' Uruguay dall’Argentina e il cui corso d’acqua ha un impatto su tutto il sistema acquifero ed ambientale della regione. Riassumendo, i capitalisti di Botnia avvelenano tutta una regione per aumentare le fortune e le entrate degli azionisti privati delle aziende.

Questo spiega chiaramente perché a Copenaghen si parla degli effetti (la vittima) ma non delle cause (il criminale).

Di conseguenza, e a partire da questa distorsione iniziale, quelli che promettono “lotte e obiettivi” per salvare il mondo dalla catastrofe globale, sono gli stessi Stati ed aziende capitaliste che stanno causando (con il loro agire depredatore irrazionale) quello che già si proietta come un’Apocalisse naturale a tasso fisso.

Le tre Apocalissi.



Può il sistema capitalista (criminale) salvare la sua stessa vittima (il pianeta inclusi noi) da una catastrofe annunciata?

Potrebbe, ma prima dovrebbe rinunciare alla sua stessa natura: La produzione orientata solo all’accumulo di ricchezza in poche mani. Cioè, passare dall’economia irrazionale (con scopi privati) all’economia pianificata (con scopi sociali) che permetta una prevenzione ed un controllo planetario dell' ambiente.

Non sognare: Se il sistema capitalista ferma la sua dinamica di reddito assicurato (più del 70% della produzione è orientata solo al consumo superfluo di chi può pagare), il pianeta scoppierebbe socialmente per la disoccupazione in massa e per il caos alimentare che causerebbe.

E se questo sistema non ferma la sua dinamica, il pianeta (in base alle proiezioni scientifiche) esploderà naturalmente per l'azione del cambiamento climatico.

Il sistema capitalista è fondato sulla matematica (somma e sottrazione) ed un assioma originale per costruire il plusvalore: Comprare a basso prezzo e vendere caro. Anche se per questo deve condannare alla fame e alla povertà una massa maggioritaria (e crescente) di esseri umani e distruggere il pianeta che li contiene.

E le Tre Apocalissi che stabiliscono i paesi emergenti e in declino (ma controllato) del sistema dominante arrivano anche per accumulazione matematica.

L’Apocalisse sociale arriva per l’accumulo matematico di affamati, disoccupati e poveri su scala mondiale.
L’Apocalisse naturale arriva per l’accumulo matematico della distruzione dell' ambiente su scala planetaria.
L’Apocalisse nucleare arriva per accumulazione matematica dei conflitti militari (intercapitalisti) per la sopravvivenza delle potenze all'interno del sistema.

In questo scenario, l’Apocalisse non deve interpretarsi come una profezia o una teoria cospiratrice, ma come uno svolgimento logico di un processo di contraddizioni, di accumulazione e di un salto qualitativo determinato dalle stesse leggi che reggono l’azione storica del sistema capitalista.

Gli scienziati e funzionari che sono presenti al summit di Copenaghen, sono lì solo per l’accumulazione matematica dei discorsi (vuoti di concreto) che la stampa del sistema diffonde come se fossero parte di un campionato mondiale sportivo.

E il pianeta (con noi dentro ed in mano alla demenza del sistema capitalista) accumula solo Apocalissi matematiche implicite nella loro natura depredatrice e criminale.

Si tratta di riconvertire i piani biblici della Profezia: Dove dice “Dio” bisogna dire “Sistema” e dove dice “Diavolo” bisogna dire “Capitalismo”. Da ogni strada si arriva all’Apocalisse.

Lo prenda, se vuole, come uno scetticismo razionale, ma il risultato (come il sistema capitalista) è matematico: Resta solo da scegliere il viaggio che più le conviene.

domenica 6 dicembre 2009

L'invasione viola del No Berlusconi Day

da http://antefatto.ilcannocchiale.it
5 dicembre 2009
di Federico Mello




Di questa giornata passata a sciamare per le strade di Roma e poi a piazza San Giovanni per il No Berlusconi Day provate a portarvi a casa una galleria di immagini, di volti e di colori. Prima di tutto prendete il discorso di Salvatore Borsellino e infilatelo in un cassetto della memoria, vicino ai gemelli d'oro e alle gioie che si conservano, negli angoli dove non si possono perdere. Poi incastonate in qualche bella cornice d'oro zecchino il fotogramma in cui Salvatore, ha preso la parola nel pomeriggio, con la voce spezzata dell'emozione, con il filo dei pensieri che si annodava, ma non si scioglieva mai: “Portino loro le corone di fiori sulla tomba di Mangano! I nostri eroi sono altri, sono gli agenti Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina che morirono facendo la scorta a Paolo. I nostri eroi – grida Salvatore con la voce che sale di tono - sono i 100 agenti che, dopo l'assassinio di Falcone, bussarono alla porta di mio fratello per offrirsi per la sua scorta, per morire con lui". Applausi, sorrisi e lacrime. Ovazione. Di questo No B. Day, mettete in un ripostiglio della memoria le facce di centinaia di migliaia di ragazzi. Quel coro di voci: “Fuori la mafia dallo Stato”, “Berlusconi dimettiti”, “Adesso basta”. Ma anche i 150 ragazzi, tutti volontari, che si sono conosciuti solo ieri sera e che tenendosi per mano hanno accompagnato il corteo, ancora increduli di quello che stava succedendo. I loro sorrisi, ieri, non erano prestampati, come quelli dei burocrati di partito che contano le greggi elettorali.

A casa, tutti si porteranno il viola. Che era dappertutto: sciarpe, cappelli, fazzoletti, drappi, bandiere, calzini, persino le pettoraline dei cani e gli ombrellini delle carrozzine. Quanto ci piacciono a noi i genitori che corrompono i minorenni con l'antiberlusconismo militante. Tenete a mente questa istantanea: una marea che avanza tra due ali di folla. Chi non sventola qualcosa di viola, ha al collo un fazzoletto tricolore.

Chissà come, da questo vortice viola sono riemerse, fresche come se pronunciate ieri, le parole di Sandro Pertini. Chissà chi è stato a stamparle dappertutto, da quale sito sono rimbalzate fino a noi: “La politica va fatta con le mani pulite”.

E c'è da portarsi le tante Polaroid dei leader politici, per un giorno in mezzo alla gente, sotto il palco e non sopra, sopraffatti dalla folla, a rilasciare interviste mentre gli applausi dal palco se li prendevano le ragazze che hanno scelto di andare a lavorare a Corleone nei terreni confiscati alla mafia; mi resta in mente una signora che viene da L'Aquila per raccontare la terribile realtà del dopo-terremoto nascosta dagli annunci del governo.

A casa, chi era in piazza, chi si farà raccontare il No Berlusconi Day da amici e conoscenti, si porterà una convinzione. Che si può fare. Senza troppe fanfare, e senza divismi, in questo paese, può ancora accadere che la società civile si organizzi da sola, pacificamente, riesca a reinventare la politica dal basso coinvolgendo i cittadini per ribadire l'importanza di concetti come moralità e onestà. Il tutto partendo da Internet, da Facebook. Uno strumento, solo uno strumento, che diventa formidabile nelle mani di chi vuole spendersi per cambiare le cose. Perchè l'ultima cosa da mettere nella cassetta degli attrezzi è questa: ieri abbiamo capito tutti che Silvio è rimasto all'età catodica.