mercoledì 27 luglio 2011

Islanda, quando il popolo sconfigge l'economia globale

da http://www.zeitgeistitalia.org
di Federico Pistono

L'hanno definita una 'rivoluzione silenziosa' quella che ha portato l'Islanda alla riappropriazione dei propri diritti. Sconfitti gli interessi economici di Inghilterra ed Olanda e le pressioni dell'intero sistema finanziario internazionale, gli islandesi hanno nazionalizzato le banche e avviato un processo di democrazia diretta e partecipata che ha portato a stilare una nuova Costituzione.

Una rivoluzione silenziosa è quella che ha portato gli islandesi a ribellarsi ai meccanismi della finanza globale e a redigere un'altra costituzione

Oggi vogliamo raccontarvi una storia, il perché lo si capirà dopo. Di quelle storie che nessuno racconta a gran voce, che vengono piuttosto sussurrate di bocca in orecchio, al massimo narrate davanti ad una tavola imbandita o inviate per e-mail ai propri amici. È la storia di una delle nazioni più ricche al mondo, che ha affrontato la crisi peggiore mai piombata addosso ad un paese industrializzato e ne è uscita nel migliore dei modi.

L'Islanda. Già, proprio quel paese che in pochi sanno dove stia esattamente, noto alla cronaca per vulcani dai nomi impronunciabili che con i loro sbuffi bianchi sono in grado di congelare il traffico aereo di un intero emisfero, ha dato il via ad un'eruzione ben più significativa, seppur molto meno conosciuta. Un'esplosione democratica che terrorizza i poteri economici e le banche di tutto il mondo, che porta con se messaggi rivoluzionari: di democrazia diretta, autodeterminazione finanziaria, annullamento del sistema del debito.

Ma procediamo con ordine. L'Islanda è un'isola di sole di 320mila anime – il paese europeo meno popolato se si escludono i micro-stati – privo di esercito. Una città come Bari spalmata su un territorio vasto 100 mila chilometri quadrati, un terzo dell'intera Italia, situato un poco a sud dell'immensa Groenlandia.

15 anni di crescita economica avevano fatto dell'Islanda uno dei paesi più ricchi del mondo. Ma su quali basi poggiava questa ricchezza? Il modello di 'neoliberismo puro' applicato nel paese che ne aveva consentito il rapido sviluppo avrebbe ben presto presentato il conto. Nel 2003 tutte le banche del paese erano state privatizzate completamente. Da allora esse avevano fatto di tutto per attirare gli investimenti stranieri, adottando la tecnica dei conti online, che riducevano al minimo i costi di gestione e permettevano di applicare tassi di interesse piuttosto alti. IceSave, si chiamava il conto, una sorta del nostrano Conto Arancio. Moltissimi stranieri, soprattutto inglesi e olandesi vi avevano depositato i propri risparmi.

La Landsbanki fu la prima banca a crollare e ad essere nazionalizzata in seguito al tracollo del conto IceSave

Così, se da un lato crescevano gli investimenti, dall'altro aumentava il debito estero delle stesse banche. Nel 2003 era pari al 200 per cento del prodotto interno lordo islandese, quattro anni dopo, nel 2007, era arrivato al 900 per cento. A dare il colpo definitivo ci pensò la crisi dei mercati finanziari del 2008. Le tre principali banche del paese, la Landsbanki, la Kaupthing e la Glitnir, caddero in fallimento e vennero nazionalizzate; il crollo della corona sull'euro – che perse in breve l'85 per cento – non fece altro che decuplicare l'entità del loro debito insoluto. Alla fine dell'anno il paese venne dichiarato in bancarotta.

Il Primo Ministro conservatore Geir Haarde, alla guida della coalizione Social-Democratica che governava il paese, chiese l’aiuto del Fondo Monetario Internazionale, che accordò all'Islanda un prestito di 2 miliardi e 100 milioni di dollari, cui si aggiunsero altri 2 miliardi e mezzo da parte di alcuni Paesi nordici. Intanto, le proteste ed il malcontento della popolazione aumentavano.

A gennaio, un presidio prolungato davanti al parlamento portò alle dimissioni del governo. Nel frattempo i potentati finanziari internazionali spingevano perché fossero adottate misure drastiche. Il Fondo Monetario Internazionale e l'Unione Europea proponevano allo stato islandese di di farsi carico del debito insoluto delle banche, socializzandolo. Vale a dire spalmandolo sulla popolazione. Era l'unico modo, a detta loro, per riuscire a rimborsare il debito ai creditori, in particolar modo a Olanda ed Inghilterra, che già si erano fatti carico di rimborsare i propri cittadini.

Il nuovo governo, eletto con elezioni anticipate ad aprile 2009, era una coalizione di sinistra che, pur condannando il modello neoliberista fin lì prevalente, cedette da subito alle richieste della comunità economica internazionale: con una apposita manovra di salvataggio venne proposta la restituzione dei debiti attraverso il pagamento di 3 miliardi e mezzo di euro complessivi, suddivisi fra tutte le famiglie islandesi lungo un periodo di 15 anni e con un interesse del 5,5 per cento.

I cittadini islandesi non erano disposti ad accettare le misure imposte per il pagamento del debito.

Si trattava di circa 100 euro al mese a persona, che ogni cittadino della nazione avrebbe dovuto pagare per 15 anni; un totale di 18mila euro a testa per risarcire un debito contratto da un privato nei confronti di altri privati. Einars Már Gudmundsson, un romanziere islandese, ha recentemente affermato che quando avvenne il crack, “gli utili [delle banche, ndr] sono stati privatizzati ma le perdite sono state nazionalizzate”. Per i cittadini d'Islanda era decisamente troppo.

Fu qui che qualcosa si ruppe. E qualcos'altro invece si riaggiustò. Si ruppe l'idea che il debito fosse un'entità sovrana, in nome della quale era sacrificabile un'intera nazione. Che i cittadini dovessero pagare per gli errori commessi da un manipoli di banchieri e finanzieri. Si riaggiustò d'un tratto il rapporto con le istituzioni, che di fronte alla protesta generalizzata decisero finalmente di stare dalla parte di coloro che erano tenuti a rappresentare.

Accadde che il capo dello Stato, Ólafur Ragnar Grímsson, si rifiutò di ratificare la legge che faceva ricadere tutto il peso della crisi sulle spalle dei cittadini e indisse, su richiesta di questi ultimi, un referendum, di modo che questi si potessero esprimere.

La comunità internazionale aumentò allora la propria pressione sullo stato islandese. Olanda ed Inghilterra minacciarono pesanti ritorsioni, arrivando a paventare l'isolamento dell'Islanda. I grandi banchieri di queste due nazioni usarono il loro potere ricattare il popolo che si apprestava a votare. Nel caso in cui il referendum fosse passato, si diceva, verrà impedito ogni aiuto da parte del Fmi, bloccato il prestito precedentemente concesso. Il governo inglese arrivò a dichiarare che avrebbe adottato contro l'Islanda le classiche misure antiterrorismo: il congelamento dei risparmi e dei conti in banca degli islandesi. “Ci è stato detto che se rifiutiamo le condizioni, saremo la Cuba del nord – ha continuato Grímsson nell'intervista - ma se accettiamo, saremo l’Haiti del nord”.

I Cittadini islandesi hanno votato per eleggere i membri del Consiglio costituente

A marzo 2010, il referendum venne stravinto, con il 93 per cento delle preferenze, da chi sosteneva che il debito non dovesse essere pagato dai cittadini. Le ritorsioni non si fecero attendere: il Fmi congelò immediatamente il prestito concesso. Ma la rivoluzione non si fermò. Nel frattempo, infatti, il governo – incalzato dalla folla inferocita – si era mosso per indagare le responsabilità civili e penali del crollo finanziario. L'Interpool emise un ordine internazionale di arresto contro l’ex-Presidente della Kaupthing, Sigurdur Einarsson. Gli altri banchieri implicati nella vicenda abbandonarono in fretta l'Islanda.

In questo clima concitato si decise di creare ex novo una costituzione islandese, che sottraesse il paese allo strapotere dei banchieri internazionali e del denaro virtuale. Quella vecchia risaliva a quando il paese aveva ottenuto l'indipendenza dalla Danimarca, ed era praticamente identica a quella danese eccezion fatta per degli aggiustamenti marginali (come inserire la parola 'presidente' al posto di 're').

Per la nuova carta si scelse un metodo innovativo. Venne eletta un'assemblea costituente composta da 25 cittadini. Questi furono scelti, tramite regolari elezioni, da una base di 522 che avevano presentato la candidatura. Per candidarsi era necessario essere maggiorenni, avere l'appoggio di almeno 30 persone ed essere liberi dalla tessera di un qualsiasi partito.

Ma la vera novità è stato il modo in cui è stata redatta la magna charta. "Io credo - ha detto Thorvaldur Gylfason, un membro del Consiglio costituente - che questa sia la prima volta in cui una costituzione viene abbozzata principalmente in Internet".

L'Islanda ha riaffermato il principio per cui la volontà del popolo sovrano deve prevalere su qualsiasi accordo o pretesa internazionale

Chiunque poteva seguire i progressi della costituzione davanti ai propri occhi. Le riunioni del Consiglio erano trasmesse in streaming online e chiunque poteva commentare le bozze e lanciare da casa le proprie proposte. Veniva così ribaltato il concetto per cui le basi di una nazione vanno poste in stanze buie e segrete, per mano di pochi saggi. La costituzione scaturita da questo processo partecipato di democrazia diretta verrà sottoposta al vaglio del parlamento immediatamente dopo le prossime elezioni.

Ed eccoci così arrivati ad oggi. Con l'Islanda che si sta riprendendo dalla terribile crisi economica e lo sta facendo in modo del tutto opposto a quello che viene generalmente propagandato come inevitabile. Niente salvataggi da parte di Bce o Fmi, niente cessione della propria sovranità a nazioni straniere, ma piuttosto un percorso di riappropriazione dei diritti e della partecipazione.

Lo sappiano i cittadini greci, cui è stato detto che la svendita del settore pubblico era l'unica soluzione. E lo tengano a mente anche quelli portoghesi, spagnoli ed italiani. In Islanda è stato riaffermato un principio fondamentale: è la volontà del popolo sovrano a determinare le sorti di una nazione, e questa deve prevalere su qualsiasi accordo o pretesa internazionale. Per questo nessuno racconta a gran voce la storia islandese. Cosa accadrebbe se lo scoprissero tutti?

venerdì 15 aprile 2011

domenica 20 febbraio 2011

Centrale del Garigliano, che incubo

da www.terranews.it


NUCLEARE. Nell’impianto è in costruzione un mega deposito di scorie radioattive. In un territorio già estremamente contaminato.


Nella centrale del Garigliano - in provincia di Caserta - sono stoccati, attualmente, circa 3.000 metri cubi di rifiuti a media attività (la cui radioattività dura alcuni secoli), già messi in sicurezza: mille e cento mc di rifiuti a bassa attività, sepolti nelle trincee e 80 tonnellate di amianto radioattivo derivato dalla bonifica dell’edificio turbina. Per bonificare le trincee si sta procedendo a costruire un edificio di contenimento per estrarre i rifiuti in sicurezza. Nel frattempo è in stato di avanzamento la costruzione del D1 (autorizzato da Carlo Jean nel dicembre 2006), ossia del deposito di 11.000 mc di volume che servirà a stoccare 1.100 mc di rifiuti, ed è stato recuperato l’edificio ex diesel - di 6.000 mc - nel quale saranno stoccati 600 mc di rifiuti.


Il deposito è stato definito «provvisorio», in attesa della costruzione del deposito nazionale, in un sito ancora da rivelare. Il nostro timore è che il deposito sarà definitivo, ma che non basterà a stoccare tutti i rifiuti già presenti in centrale a cui bisognerà aggiungere quelli derivanti dallo smantellamento con un aggravio di ulteriori 2-3.000 mc e, panorama molto più allarmante, quelli di ritorno, entro il 2025, da Sellafield a La Hague dove sono state, e in parte ancora saranno riprocessate, le barre di uranio e plutonio. Si tratta di rifiuti vetrificati ad alta attività: il timore è che senza deposito nazionale si costruiranno altri depositi in sito. Ecco dunque i problemi con cui dovremo confrontarci in futuro. Insomma: si sponsorizza l’energia nucleare senza che siano ancora stati risolti i problemi dei vecchi impianti, soprattutto per lo smaltimento delle scorie.

Circa la tanto propagandata sicurezza, le parole di oggi sono le stesse degli anni ’60-’70. Ma nella centrale del Garigliano si sono verificati incidenti e guasti che ne determinarono l’interruzione per lunghi periodi, per non parlare della sfiorata fusione del nocciolo, dell’esplosione dei filtri nel 1972 e nel 1976, di ripetute esondazioni del fiume che provocarono l’innalzamento della falda acquifera, invadendo i contenitori sotterranei, e uscendone «arricchita» di radioattività. Tra il 1980 e il 1982, l’Enea condusse quattro campagne radioecologiche nel golfo di Gaeta, precisamente tra Ischia e il Circeo, e rilevò la contaminazione di oltre 1.700 kmq di mare da cobalto 60, di esclusiva produzione della centrale, da cesio 137, i cui valori, rispetto agli anni ‘70, erano raddoppiati.

E' impressionante leggere il rapporto dell’unica indagine epidemiologica condotta tra il 1979 e il 1981 dal prof. Alfredo Petteruti, laureato in chimica industriale, in collaborazione con l’Istituto di Anatomia Normale e Teratologia, Facoltà di Veterinaria dell’Università di Napoli; con la Facoltà di Agraria dell’Università di Portici-Napoli; con l’Istituto di Fisica Teorica dell’Università di Napoli; con l’Istituto di Anatomia Comparata “B. Grassi” dell’Università di Roma; e ancora, con i medici veterinari di Sessa Aurunca. L’indagine, pubblicata nel libro La mostruosità nucleare, è un’indicazione di campionatura statistica, in aziende similari, tra vacche “Frisone italiane” dette localmente “Olandesi”. Le aziende esaminate in due zone prossime alla centrale sono 32. Il numero delle nascite con mostruosità è, rispettivamente, 33 e 9 volte maggiore rispetto alla zona “C”.

E' opportuno chiarire che il rapporto “9” non significa 9%, ma 800% in più e il rapporto “33” significa il 3.200% in più di nascite mostruose. Nel libro di Marcantonio Tibaldi, Inquinamento da radionuclidi nelle acque del Lazio meridionali c’è un ulteriore particolare agghiacciante: i parti degli anni 1971/80 sono stati 15.771. Su un totale di 90 casi di malformazioni, 60 si sono registrati nelle zone di mare (Formia, Gaeta, Minturno, Mondragone) dove nascevano quasi tutti i bimbi di Sessa Aurunca. Altri 4 casi di anencefalia sono avvenuti presso l’ospedale di Minturno, in provincia di Latina (Dichiarazione del dott. Eugenio Fusco, ginecologo presso il predetto ospedale, pubblicata da Panorama n. 777, del 9 marzo 1981, pagg. 11/12).

C’è poi da considerare l’aumento esponenziale di cancri e leucemie che, secondo i dati ISTA raccolti nel periodo 1972-78, sono attestati al 44,48%. Quanto alla sicurezza degli Epr basti ricordare che le Agenzie per la sicurezza finlandese, francese e britannica hanno dichiarato, in un comunicato congiunto, che il sistema di emergenza non è a norma perché è collocato accanto al sistema di normale funzionamento e, in caso di incidente di quest’ultimo, può andare in tilt anche l’altro. Inoltre, nel costruendo impianto Epr di Flamanville, in Francia, nel dicembre dell’anno scorso, sotto il peso della neve, è crollato il tetto di un edificio.

Giulia Casella (Terra Napoli - responsabile circolo Legambiente “Alfredo Petteruti”)

domenica 30 gennaio 2011

Super N, patto segreto sulle grandi emergenze

da Il Mattino del 30 gennaio 2011
di Rosaria Capacchione


Super N, patto segreto sulle grandi emergenze

Da Claudio De Blasio a Marta De Gennaro: nomi ricorrenti, filo rosso con le indagini su Abruzzo e G8. Dietro l'emergenza rifiuti una Super Nomenklatura che, da vent'anni, opera nel business delle ecomafie grazie alla mancanza di volontà degli amministratori locali di risolvere i problemi. Una lobby autoreferenziale rispetto alla quale, anche la camorra, è in posizione subordinata


Si chiama Super N, associazione segreta ma non troppo, mai formalmente costituita e che pure esiste e opera da almeno vent’anni. Ha la struttura di una loggia massonica. A voler utilizzare un termine ormai abusato, una cricca. Vi aderiscono uomini dell’amministrazione dello Stato, chiamati di volta in volta a risolvere le emergenze del Paese: terremoti devastanti, alluvioni, vertici internazionali, surplus di rifiuti che non si sa dove smaltire.
Vanno a braccetto, quelli di Super N, con professionisti e imprenditori di strettissima osservanza, agiscono con i poteri straordinari conferiti dai governi, utilizzano le norme in scioltezza, appunto, dell’emergenza.
E’ la Super Nomenklatura che compare in tutte le inchieste più recenti, dalla ricostruzione in Abruzzo all’ospitalità alla Maddalena per i partecipanti al G8 fino, ovviamente, a quelle sui rifiuti in Campania: Corrado Catenacci, che da indagato nell’inchiesta Rompiballe viene nominato al vertice della società provinciale dei rifiuti di Napoli; Claudio De Biasio, che da imputato diventa consulente di Bertolaso alla Protezione Civile e che rientra in ambito regionale fino a diventare il liquidatore del Commissariato per le acque. Oppure Marta Di Gennaro, capo Innovazione al ministero della Salute. Sempre gli stessi nomi, sempre le stesse facce, competenza non necessariamente comprovata oppure messa al servizio, senza remore, «dagli illeciti intenti di funzionari pubblici infedeli», come scrivono i giudici Bruno D’Urso, Francesco Chiaromonte e Luigi Giordano (che oggi iniziano gli interrogatori degli arrestati) nell’ultima misura cautelare sull’attività del Commissariato straordinario dell’emergenza rifiuti.

Un apparato deviato? Piuttosto una sovrastruttura, spiegano alcuni dei magistrati che si sono avvicendati nella inchiesta napoletane, a partire da quelle su Impregeco e su Nicola Cosentino, passando per la gestione della Fibe e la costruzione del termovalorizzatore di Acerra.
Ciò che emerge dagli atti d’indagine firmati, nel tempo, da Raffaele Cantone, Alessandro Milita, Giuseppe Narducci, Paolo Sirleo, Giuseppe Noviello, Vincenzo Piscitelli, Henry John Woodcock, Francesco Curcio è, appunto, la prova dell’esistenza di quel sistema gelatinoso di cui si è parlato a proposito degli appalti all’Aquila e alla Maddalena.
Melassa, l’ha definita recentemente il giudice Cantone, nella quale trova spazio anche la camorra che «utilizzando schermi formali di consorzi o associazioni temporanee di imprese e, soprattutto, l’attenuazione dei controlli tipico dei momenti d’emergenza, sono riuscite a ritagliarsi una parte cospicua della torta dei finanziamenti pubblici».

In Campania, ed è qui il paradosso sorprendente, la camorra è però in posizione subordinata a Super N, alla burocrazia commissariale o regionale che detta tempi e tempi degli interventi. Così come la politica, che si accontenta di ritagliarsi spazi di gestione clientelare (o meramente affaristica) senza però riprendersi il ruolo che le compete, cioè quello di programmazione. Ed è da questa la valutazione che arriva, infatti, la denuncia del Procuratore Giovandomenico Lepore della mancanza di volontà, da parte degli amministratori, di risolvere i problemi.

La sovrastruttura burocratica ha operato in tutta la gestione dell’emergenza rifiuti, sin dalla nascita del business delle ecomafie. Ai suoi albori, alla fine degli anni Ottanta, era una emenazione diretta della massoneria toscana e di Licio Gelli. Documentati nell’inchiesta Adelphi del 1993 (e successivamente dal pm antimafia Milita, nel 2006) i rapporti con il capo della P2 e con altri «fratelli muratori» collegati a Cipriano Chianese, avvocato di Parete e uomo chiave nei rapporti con il clan del Casalesi, da lui chiamati nel 1988/89 a risolvere il problema del reperimento delle aree da adibire a discarica dei rifiuti tossici e nocivi che arrivavano dal Nord. La mentalità lobbistica è stata fatta propria dalla nomenclatura chiamata a gestire le emergenze e che, nel tempo, è diventata autoreferenziale e necessaria a se stessa. Per sopravvivere ha bisogno, quindi, che l’emergenza sia continua e mai risolta, a meno che non se ne crei un’altra più redditizia ancora.

lunedì 24 gennaio 2011

Spunta la proposta legge anti-pm: "Punire i magistrati che intercettano"

da www.repubblica.it


Spunta la proposta legge anti-pm: "Punire i magistrati che intercettano"

Depositata alla Camera il 28 ottobre, due giorni dopo l'esplosione dell'affare Ruby, a firma del parlamentare Pdl Vitali, ora al vaglio del premier. "Riparazione di ingiusta intercettazione di comunicazioni telefoniche e conversazioni"

ROMA - Dal Parlamento emerge con concretezza di legge l'idea che lo stesso Berlusconi ha lanciato con i sui videomessaggi sulla punizione dei magistrati inquirenti. Si tratta di una proposta di legge - riferisce l'agenzia Dire - depositata alla Camera il 28 ottobre scorso, esattamente due giorni dopo l'esplodere del caso Ruby, quando si seppe che il premier aveva telefonato alla questura di Milano per far affidare l'allora minorenne marocchina al consigliere regionale della Lombardia, Nicole Minetti. La prima firma è del deputato Pdl Luigi Vitali, sottoscritta da altri 29 parlamentari suoi colleghi, tra cui Cirielli, Cassinelli, Lehner. Il titolo è chiaro: "Introduzione dell'articolo 315-bis del codice di procedura penale, concernente la riparazione per ingiusta intercettazione di comunicazioni telefoniche o di conversazioni".

La proposta è stata consegnata direttamente nelle mani di Silvio Berlusconi - che ora la sta valutando - il giorno della riunione con i deputati-avvocati del Pdl. "L'ho consegnata io al presidente- spiega Vitali- e mi ha detto che la esaminerà con attenzione. La prossima settimana la presenterò in conferenza stampa e chiederò di esaminarla subito in commissione giustizia".

A leggere i cinque articoli, il progetto di legge sembra proprio pensato per il caso Ruby. E, se venisse approvato dal Parlamento, metterebbe un serio freno all'uso delle intercettazioni da parte dei magistrati, che potrebbero incorrere in pesanti sanzioni.

I punti principali della proposta sono i seguenti: i pm e i gip non competenti territorialmente e funzionalmente non potranno più autorizzare intercettazioni, pena provvedimenti disciplinari stabiliti dal ministro della Giustizia. In caso di assoluzione in un processo, l'imputato, ma anche tutti i testimoni finiti nelle intercettazioni 'spiattellate' sui giornali, avranno diritto a un risarcimento fino ad un massimo di 100mila euro, che sarà sborsato di tasca propria dai pm dopo sentenza "di responsabilità contabile" della Corte dei conti. Potrà infatti chiedere l'applicazione della legge chi è stato assolto con sentenza irrevocabile "perché il fatto non sussiste, per non aver commesso il fatto o perché il fatto non costituisce reato da un'imputazione formulata nell'ambito di un procedimento penale nel quale è stato destinatario di intercettazioni di comunicazioni telefoniche o di conversazioni". Chi verrà prosciolto da ogni accusa, insomma, "avrà diritto a un'equa riparazione per l'intercettazione ingiustamente subita".

Ma la vera "chicca" è la norma transitoria che rende la legge retroattiva: avranno diritto al risarcimento anche coloro che sono stati coinvolti in indagini risalenti a 5 anni prima della sua entrata in vigore.

Nella relazione di accompagnamento al testo, Vitali spiega: "È innegabile che soprattutto negli ultimi anni vi sia stato un abuso" dello strumento delle intercettazioni "che, da un lato, è enormemente costato alle casse dello stato e, dall'altro, è stato largamente invasivo del diritto costituzionale alla riservatezza nei confronti di numerosissimi cittadini che sono usciti dalle rispettive vicende dopo essere passati nel 'tritacarne' mediatico e giudiziario. Il Parlamento è stato fino a oggi incapace di dettare una disciplina che regolamentasse la materia".

venerdì 21 gennaio 2011

Ecco a voi il cellulare di Silvio Berlusconi

Mettendo assieme il mezzo numero presente nel registro chiamate della escort brasiliana Michel (riportato nelle 389 pagine dell'invito a comparire di B.), al mezzo numero mostrato dalla escort Nadia Macrì nell'ultima puntata di Annozero, ecco il risultato.

335 1500 431 Silvio Berlusconi

In pratica i cittadini italiani del 2011 hanno scoperto il numero privato del loro Presidente del Consiglio incrociando le agende telefoniche di due prostitute, e credo che con questo sia stato detto tutto.


giovedì 20 gennaio 2011

Nucleare - Il problema senza la soluzione

da www.greenpeace.it/stopnucleare

Vuoi sapere la verità sul nucleare? Ti presentiamo la nostra campagna pubblicitaria per smentire le bugie del Governo, di Enel e del Forum nucleare. Informati e condividi. La tua partecipazione attiva è fondamentale per contrastare il “bombardamento mediatico pro-atomo” finanziato con milioni di euro dall’industria nucleare.